Questo editoriale natalizio lo vogliamo dedicare ai nostri compagni cechi, ai ragazzi ed alle ragazze della KSM, i Giovani Comunisti. Hanno bisogno della nostra solidarietà, della nostra voce, della nostra vicinanza ideale per contrastare la campagna anticomunista messa in campo contro le loro mobilitazioni, per mettere al bando la loro organizzazione entro la fine dell’anno (un bel regalino per le feste), mettendola sullo stesso piano dei gruppuscoli neonazisti. La mozione di due senatori di destra rappresenta un primo passo per poi poter colpire gli “adulti”, ossia quel Partito Comunista di Boemia e Moravia, seconda forza parlamentare che prende intorno al 18% alle elezioni politiche, spina nel fianco (o per chiarire meglio: “bestia nera”) delle nuove oligarchie euro-atlantiche che governano l’ex paese socialista.
Chi di noi andò a Praga nel settembre 2000, a protestare, contro le politiche della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, durante il loro meeting, tornò a casa con un’impressione sinistra del nuovo governo “liberale”, guidato dagli ex-dissidenti del regime socialista reale; personalità per decenni tanto coccolate al di qua del Muro, come paladini della democrazia e della pace. In quell’ occasione, una “lista nera” stilata dalle autorità di polizia ceche, anche grazie a collaborazioni di “intelligence” straniere, impedì l’ingresso come “persone indesiderabili” di quanti sul treno italiano, avevano la colpa di essersi già recati a Praga alle riunioni preparatorie delle mobilitazioni antiliberiste. Il convoglio con migliaia di cittadini italiani fu così bloccato pretestuosamente per due giorni e mezzo, alla frontiera, nelle campagne tra Austria e Repubblica Ceca, senza cibo né acqua, mentre si intavolavano le trattative, anche a livello diplomatico, per sbloccare la situazione. Ci rifornirono di acqua solo all’arrivo nella stazione di Praga e ovviamente davanti alle telecamere accese dei giornalisti, come si fa coi profughi ed i migranti. Durante i giorni di permanenza nella città, bande di naziskin poterono impunemente aggredire ed accoltellare numerosi manifestanti in visita nel meraviglioso centro storico e sulla metropolitana, senza essere catturati. Nello stadio-campeggio dove dormivamo (la notte era freddissimo;nda) si consigliava alle persone di andare in giro per la città in gruppi e mai da soli. A Praga a seguito degli scontri avvenuti il 28 settembre tra manifestanti del blocco detto “blu” (ossia autonomi di varie nazionalità) e la polizia, si scatenò una caccia all’uomo nella zona di piazza San Venceslao dove si immolò durante la Primavera di Praga, lo studente Ian Palach; nell’autunno del 2000 a fronteggiare i manifestanti pacifici si presentarono di nuovo i mezzi cingolati, stavolta dipinti di blu scuro, quasi nero, e senza stella rossa. I rastrellati, come emerso da numerose testimonianze su Indymedia, furono picchiati brutalmente, in strada, nei vicoli, nei blindati, nelle caserme, dai cosiddetti “robocop”, i nuovissimi militi “antisommossa” uguali a quelli di Seattle, un’anteprima di quelli che poi avremmo conosciuto a Genova. Una modernità megatecnologica che strideva con l’immagine quieta ed un po’ romantica delle campagne pianeggianti ed arretrate, che avevamo ammirato al confine (nonostante la fame e l’isolamento patiti). Tornammo indietro con la sensazione che il nuovo regime filo occidentale fosse violento e brutale e sperando, ahinoi ingenuamente, che certe violenze di massa in Italia non le avremmo mai potute subire perché “noi abbiamo tradizioni democratiche più solide ed antiche”….
La campagna revisionista per la messa al bando dell’Unione della Gioventù Comunista conferma e ribadisce quanto poco democratica sia l’ideologia delle nuove classi dirigenti ceche, entrate a pieno titolo nell’Unione Europea e nella Nato; mostra quanto faccia loro paura quel “fantasma” che si ostina ad aggirarsi per l’Europa ai tempi di Maastricht e che, a causa anche dei guasti sociali provocati dai rigidi parametri neoliberisti e monetaristi, si rafforza mietendo consensi attorno alla sua rossa figura. L’esempio della KSM mostra come, nonostante la volgare retorica antisovietica che conosciamo, gli ideali di giustizia sociale, di eguaglianza e di pace siano tuttora attraenti e possano spargersi come semi fecondi in primavera, anche tra i giovani di un paese ex sovietico; i compagni cechi ci fanno capire che un Partito Comunista è attuale ed ha enormi campi di intervento e di crescita (anche laddove è crollato il modello sovietico), a fianco dei lavoratori e delle donne, nelle mobilitazioni per il diritto allo studio, contro le privatizzazioni selvagge, la guerra ed il razzismo.
Se ce la fanno loro, noi italiani non possiamo essere da meno….
Anche noi, qui in Italia, abbiamo disperato bisogno di un forte ed organizzato Partito Comunista. E’ scritto non solo nella storia civile e politica del nostro paese, ma anche nelle sfide del suo futuro, per nulla roseo. Ci serve uno strumento di cambiamento, il partito, che sia costruito nei posti di lavoro così come sia presente nelle istituzioni; che coaguli attorno a sé la “diaspora comunista” del nostro paese; che collabori con le principali forze comuniste e progressiste europee unendole sull’intero piano continentale, anziché spaccandole in almeno due cartelli, GUE e Sinistra Europea, di cui quest’ultimo fortemente minoritario e di fatto escludente verso i P.C. più forti come i cechi, i portoghesi, i greci ecc.. Vogliamo costruire un partito aperto in modo paritario e proficuo agli stimoli dei movimenti e dei nuovi soggetti sociali apparsi nella vita del paese, che trovi un gruppo dirigente ed una base in continua dialettica e, non da ultimo, con un’organizzazione giovanile fresca e viva, proprio come la KSM. Vogliamo un partito solido, rifondato e per nulla settario, che contribuisca a costruire (cosa che invece è stata omessa a partire dal referendum sull’articolo 18), un blocco aperto a tutta la “sinistra di alternativa” su una base programmatica antiliberista discussa e condivisa. Questo dialogo sarebbe potuto cominciare, senza bisogno di alcuna “precipitazione”, da almeno un paio di anni e sopratutto con la totalità dei soggetti che condivisero con noi la campagna referendaria (PDCI, Verdi, sinistra DS, FIOM, comitati referendari ecc.). Non ci sembrano invece guardare al lungo periodo, i progetti di una raffazzonata lista elettorale dell’ultim’ora o, parimenti, quello di costruire un “nuovo soggetto politico” che superi Rifondazione Comunista, aperto solo ad alcuni, determinati, soggetti e non ad altri: una sorta di “nuova cosa” dai dati somatici ed organizzativi quantomeno differenti rispetto al progetto della rifondazione comunista, anche sul piano della collocazione politica e delle alleanze.
Nel solco di queste riflessioni, sarebbe ora di smettere di evocarlo e di provare piuttosto a rifondarlo sul serio, questo Partito Comunista, il più presto possibile. Siamo in ritardo di diversi anni e la strada è in salita, ma come spiegava il buon Gramsci “anche quando tutto è perduto o sembra perduto, bisogna mettersi continuamente all’opera”.