La Nato più divisa che mai su tutto

Il rapporto fra «vecchia Europa» e Stati uniti sta toccando in queste ore a Bucarest – dove ieri si è aperto il vertice Nato – uno dei suoi punti più bassi, con una dinamica che è difficile non veder legata alla crescente forza della Russia sullo scenario internazionale e alla parallela sfiducia dei leader europei nelle capacità politico-strategiche di un George Bush ormai «anatra zoppa». Allargamento a est e sud, Afghanistan, scudo antimissile, Kosovo: tra gli alleati si profila una frattura di lungo periodo (anche perché nessuno dei potenziali successori di Bush alla Casa bianca sembra finora capire la gravità dei danni da lui provocati) su tutte o quasi le istanze sul tappeto. Che non a caso stavolta, a differenza di quanto avviene sempre nei «vertici», non sono state risolte alla vigilia ma portate tali e quali, con tutto il loro carico di contraddizioni, sul tavolo dei leader riuniti nella capitale romena.
Un tavolo imbandito – il summit è iniziato con una cena – ha visto ieri sera la prima sconfitta di Bush: la Nato ha deciso sì di allargarsi, ma assai meno di quanto il presidente americano desiderava (e fino a poco tempo fa tutti ritenevano scontato). In pratica, solo Croazia e Albania entreranno nell’Alleanza nei tempi previsti. L’adesione della Macedonia è stata bloccata dal veto greco: indifferente alle pressioni Usa, Atene ha insistito a considerare dirimente la questione del nome del piccolo stato ex jugoslavo. Finché non si troverà una soluzione (cioè finché la Macedonia non accetterà di chiamarsi in un altro modo) l’invito a Skopje resterà in stand-by: il che comporterà l’ulteriore allontanarsi delle ipotesi di consolidamento del Kosovo. Se ne parlerà oggi a porte chiuse a Bucarest, ma si sa che diversi governi europei sono preoccupati e infastiditi della piega che sta prendendo la vicenda kosovara e del pasticcio in cui la forzatura americana ha cacciato la Ue.
Quanto a Ucraina e Georgia, sponsorizzate con tutte le sue forze da Bush, le loro domande di adesione sono state gelate da Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, sbarcate ieri a Bucarest con un secco «no». In futuro, certamente Kiev e Tbilisi saranno benvenute, hanno detto i due leader, ma adesso no. Di pressione, George Bush ne ha fatta più che poteva: prima a Washington, poi a Kiev nei giorni scorsi, e ancora ieri fino all’ultimo istante ha ripetuto con la massima enfasi il sostegno americano alle candidature; anche il segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer è stato indotto da Bush a sostenere senza riserve l’allargamento (cui pure il suo paese, l’Olanda, non è favorevole): eppure, tanta agitazione non è bastata. Forse era già nei piani, alzar la voce senza poi raggiungere lo scopo – un contentino dell’America a dei paesi amici, far vedere che il capo della Casa bianca si spende per loro, tenerli nella propria orbita stretta mostrando quanto sono cattivi i «vecchi europei» – ma il risultato somiglia un po’ troppo a una sconfitta per essere davvero voluto.
Una sconfitta che rende ancor più imbarazzante la richiesta più importante e delicata rivolta dal presidente Usa agli alleati atlantici: mandare più soldati in Afghanistan dove, ha ripetuto ancora ieri mattina, «dobbiamo vincere a qualunque costo». La risposta formale a questa richiesta (spalleggiata dal Canada e dalla Gran Bretagna, che hanno subìto forti perdite umane nella guerra afghana) arriverà oggi, al termine della seconda giornata del summit, ma finora solo Romania, Polonia e Francia hanno abbozzato un incerto «sì», che certo non basterà a soddisfare le richieste dei generali.
Per finire, anche sullo «scudo» antimissile George Bush rischia di concludere malamente quello che doveva essere il viaggio del suo riscatto internazionale: nessun entusiasmo degli alleati europei, freddezza continua del nuovo governo polacco che continua a negare il suo «sì» all’installazione di 10 missili intercettori sul suo territorio; persino il governo cèco ha fatto ieri presente che preferirebbe di gran lunga se il radar che il paese dovrà ospitare fosse della Nato e non degli Usa. Bush ha fatto un’inedita apertura a Mosca, offrendo ai russi di partecipare pienamente al futuro sistema difensivo: e a questo punto starà alla benevolenza di Vladimir Putin, prima nel suo discorso previsto domani a Bucarest, poi nell’incontro che avrà domenica a Soci con lo stesso Bush, se concedere o no al presidente Usa un piccolo successo di politica estera, sotto forma d’un accordo sugli armamenti.
A margine del summit di Bucarest, il segretario de Hoop Scheffer ha lanciato ieri a Bucarest la nuova emittente televisiva «natochannel.tv», realizzata con il contributo economico danese e dedicata soprattutto all’Afghanistan. Il nuovo canale trasmetterà almeno dieci servizi alla settimana, visibili sul sito Internet dell’Alleanza a partire dalla prossima settimana.