Il kamikaze 36 si fa esplodere di mattina, su una remota strada dell’ Ovest al confine tra l’ Afghanistan e l’ Iran. Approfitta d’ un convoglio di Humvee americani che sta scortando la polizia della zona e soprattutto il suo comandante, Ikramuddin Yawar. Un kamikaze della domenica: cercava la strage, uccide «solo» un poliziotto e ne ferisce tre. Un kamikaze vicino alle montagne dell’ Helmand, dov’ è prigioniero Daniele Mastrogiacomo. Un kamikaze che ci riguarda da vicino: l’ uomo s’ è fatto saltare a Bala Buluk, dice il comandante Yawar, un villaggio dentro i confini della provincia di Farah. Ovvero dentro la «zona italiana», affidata al controllo dei nostri soldati di Herat. È il quarto attentato in tre settimane, in quell’ area occidentale che dipende dal generale Antonio Satta, su quel confine dove da novembre dieci uomini della Guardia di finanza stanno addestrando la polizia di frontiera. Prima c’ è stata la mina che ha ucciso la soldatessa spagnola di scorta a un nostro convoglio, poi la bomba al mercato di Farah, quindi la bici-bomba di Herat e ora questo suicida, il trentaseiesimo in Afghanistan dall’ inizio dell’ anno. Nessuno si spaventa, nessuno sottovaluta. Del resto il settimo giorno dell’ operazione Achille, l’ offensiva scatenata dalla Nato, è anche il primo vero giorno di guerra a Sud. La Coalizione bombarda un’ intera montagna a Ghorak, dalle parti della diga di Kajaki (proteggerne i cantieri e rimetterla in funzione è uno degli obiettivi dichiarati dell’ offensiva), ma le vere battaglie si combattono a Zabul e nella capitale talebana di Kandahar. Vengono assaltati altri due convogli della polizia di frontiera, uno sulla strada che porta a Kabul, e ci sono sparatorie furibonde: alla fine, restano uccisi nove poliziotti e sette talebani. Qualche problema anche per il ministro della Difesa canadese, Gordon O’ Connor, che si trovava in visita ai suoi soldati a Kandahar ed è dovuto ripartire di corsa. Tutti sul chi va là, gli occidentali. E se si conta anche l’ attacco di Kabul agli alpini del «Pinerolo», giovedì sera, ecco perché ieri mattina la nostra ambasciata ha diramato ai 160 italiani che si trovano qui un «avviso di sicurezza», il secondo di questo mese: «Secondo fonti attendibili – dice il warning -, il rischio di attentati contro gli stranieri continua a essere molto elevato. Si consiglia in particolare di prestare attenzione ai movimenti di auto sospette in prossimità delle strutture alberghiere». Da 10 giorni, molti hotel e guest house che ospitano occidentali hanno aumentato il personale di sicurezza: nel nostro, si sta alzando in tutta fretta il muro di cinta. Alla sicurezza, ciascuno provvede come sa e dagli Stati Uniti, annuncia Bush, arriveranno in Afghanistan 3.500 soldati in più, in aggiunta ai 27 mila che già ci sono a fronteggiare l’ offensiva talebana. L’ annuncio del presidente americano avviene durante la visita in Colombia, e non per caso: come nuovo ambasciatore della Casa Bianca a Kabul, è stato nominato quello di Bogotà, vale a dire l’ uomo che in questi anni ha seguito da vicino la campagna di sradicamento e d’ incenerimento delle piantagioni di coca ai confini con l’ Ecuador. «Non ci vuole molto a capire che gli americani proveranno la stessa arma contro le coltivazioni d’ oppio dell’ Afghanistan – osservano qui i responsabili di alcune ong -, senza prevedere che questo vorrebbe dire mettersi contro tutta la società afghana. Sarebbe un disastro». L’ ennesimo: secondo uno studio appena pubblicato, un’ indagine su 103.788 reduci dell’ Afghanistan e dell’ Iraq, ha disturbi mentali seri un soldato americano su quattro. E almeno uno su due tira a campare con gli psicofarmaci.