La muta guerra di Israele

Si era fermato per assolvere al suo dovere di medico: venire in soccorso di tre manifestanti feriti rimasti in scontri con i soldati. È stato ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dalle fila dell’esercito. È successo ieri a Nablus, in Cisgiordania, dove un medico palestinese è stato freddato «nell’esercizio delle sue funzioni». Tutto è accaduto rapidamente: i dimostranti palestinesi hanno lanciato rocce e bottiglie molotov contro i soldati; la risposta non è tardata ad arrivare e alcuni manifestanti sono rimasti feriti. A quel punto è entrato in scena il dottore, che passava di lì. Testimoni oculari hanno raccontato ad Haaretz che il medico si è accasciato poco dopo essersi avvicinato al gruppo di feriti.
Il portavoce delle forze di sicurezza israeliane ha dichiarato che le truppe dello stato ebraico hanno fatto fuoco contro i dimostranti che lanciavano sassi e molotov contro i militari israeliani ma che non è stata usata l’artiglieria. Le forze israeliane hanno eseguito numerosi raid questa settimana a Nablus per catturare 30 militanti che si erano rifugiati nel complesso di edifici dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Gli israeliani ne hanno catturati circa la metà per poi distruggere con i bulldozer l’edificio nel quale si erano arroccati gli altri. La manifestazione di protesta nella quale ha perso la vita il medico palestinese era nata in risposta a questa azione militare israeliana.
Nello stesso tempo a Gaza proseguono le manovre contro Hamas. Ieri nell’ennesimo episodio di «omicidio mirato» un militante del «movimento di resistenza islamico» oggi al governo in Palestina è stato ucciso con buona parte della sua famiglia – la madre, due nipoti della donna e un altro parente. La loro casa è stata presa di mira da un cannone israeliano. Nella stessa giornata di ieri i carri armati e le truppe israeliane si sono ritirati dal campo dei rifugiati palestinesi di Mughazi, nella striscia di Gaza, dopo un assedio durato tre giorni che ha provocato la morte di 15 tra miliziani e civili. A quanto scrive il sito on-line di Haaretz, il campo è stato in gran parte raso al suolo; le condutture d’acqua distrutte e i cavi elettrici divelti. Alcuni tra i 22mila abitanti del campo sono rimasti intrappolati nelle proprie case a causa di trincee rialzate costruite dai soldati israeliani.
Altri testimoni citati dall’agenzia Reuters hanno riferito che le forze israeliane abbandonando l’accampamento di Mughazi, si stavano concentrando per una possibile nuova incursione contro il vicino accampamento di rifugiati di Bureij, una roccaforte dei militanti di Hamas. A Gaza City, i militari israeliani hanno avvertito la popolazione con appositi volantini che «attaccheranno tutte le case in cui i palestinesi nascondono armi per i militanti». Una strategia confermata da un ufficiale militare all’Associated press: la politica è colpire case di civili che collaborano con il nemico.
Insomma, la guerra su Gaza continua, grazie anche alla «distrazione» provocata dalle operazioni in Libano, su cui è concentrata l’attenzione del mondo intero. I due fronti appaiono collegati. A dimostrarlo, la manifestazione che si è tenuta ieri a Nablus, dove circa 4000 dimostranti hanno intonato slogan in sostegno al leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. «Nasrallah, carissimo, colpisci Tel Aviv», ha scandito la folla.