La missione impossibile del Prc: pronti a rompere, senza rompere

Rapporto con il governo, pensioni e futuro del partito all’interno del soggetto unitario della sinistra. Sono questi i temi su cui Franco Giordano ha chiamato a rapporto la maggioranza di Rifondazione in un conclave di due giorni vicino a Roma, ieri e oggi. Una sorta di «serrate le fila», almeno tra gli esponenti della maggioranza uscita dall’ultimo congresso, in vista dell’appuntamento congressuale della prossima primavera. E delle importanti scadenze più vicine temporalmente: discussione con le altre forze della maggioranza sull’innalzamento dell’età pensionabile, tema su cui Rifondazione sembra puntare i piedi anche a costo di restare isolata nell’Unione, e soggetto unitario delle forze alla sinistra del partito democratico.
Parte subito forte Giordano nella sua relazione, e prende di petto la questione pensioni: è una questione «paradigmatica», che spiega quale sarà il profilo sociale e politico del governo Nessuno sconto quindi: lo scalone va abolito. E per dirla con il capogruppo alla camera Gennaro Migliore, vanno aboliti «pure gli scalini». Anche perché, aggiunge Giovanni Russo Spena, «noi abbiamo già fatto un grosso sacrificio accettando i 58 anni. La nostra posizione quindi è, e resta, questa».
Il problema è come conciliare questa «irriducibilità» di Rifondazione con le altre posizioni all’interno della maggioranza, e quanto il partito di Giordano è disposto a tirare la corda. Ovvero se si spingerà fino a far cadere l’esecutivo sul tema delle pensioni. Al di là delle dichiarazioni di facciata, Rifondazione sa che rompere con il governo Prodi sarebbe un disastro per tutti. Anche se questo non vuol dire che non terrà duro sulle sue posizioni, almeno finché potrà. Certo, alla fine trovare un accordo conviene a rutti. Per questo si parla della necessità di uno «scatto di fantasia», un modo per riuscire a trovare una quadra al problema.
Che si ripercuote direttamente sull’altro punto all’ordine del giorno: l’unità a sinistra. Mussi e sinistra democratica tengono fede alla posizione raggiunta in un incontro con Guglielmo Epi-fani, e accettano qualsiasi soluzione condivisa dalla Cgil, e Pecoraro Scanio ha definito la proposta Damiano «un punto avanzato su cui lavorare».
Restare arroccati su posizioni «oltranziste» vorrebbe dire bloccare sul nascere il processo dì aggregazione. Che è l’altra nota dolente di Rifondazione: minoranze a parte, che sono comunque importanti negli equilibri interni al partito, è la stessa maggioranza a dividersi. Da tempo la discussione verte, senza neppure provare a nascondere le divergenze, sull’opportunità o meno dello scioglimento di Rifondazione. Da un lato c’è il partito degli «oltristi», che punta a una fusione del Prc in un nuovo soggetto, una sorta di «rifondazione della sinistra» senza aggettivi. Dall’altra, ed è maggioranza nella segreteria, c’è chi non vuole disperdere l’esperienza del Prc e punta a un patto federativo con Pdci, Verdi e mus-siani. Posizione ribadita con forza ieri anche da Giordano, che vede nell’esperienza della Sinistra europea il punto di partenza, che «deve rappresentare il perno del processo unitario». Anche perché allo scioglimento «come non ci pensa Rifondazione, non ci pensano neppure i Verdi o Fabio Mussi».