La minestra del Cavaliere

Il professor Marzano, ministro delle attività produttive, parla per i conti pubblici di una “due diligence” in corso; per non essere da meno il presidente della provincia di Roma, il noto Moffa, ritiene necessaria praticare la “governance” per la gestione degli investimenti: il nuovo del nuovo governo è tutto qui, nelle parole. Il resto è tutta roba vecchia, riciclata. Che, forse, nel ’94, poteva avere una punta di originalità, ma oggi è solo minestra riscaldata, ma non per questo meno pericolosa. A cominciare dalla legge Tremonti. Per il resto l’impressione è che Berlusconi e i suoi non sappiano dove mettere le mani. Anzi, si coprono con il bluff del deficit dei conti pubblici per giustificare i loro tentennamenti.
Paradossalmente Berlusconi mostrava molta più sicurezza nel ’94, quando il suo programma si trovava a fare i conti con un indebitamento netto di oltre 150 mila miliardi, il 9,3% del Pil. Chi poteva lamentarsi di quelle cifre? Non certo gli ex socialisti, non certo gli ex democristiani. Non certo il cavaliere, new entry della politica, e il suo fido Previti che con l’entrata in politica cercavano la grazia.
La situazione allora non era facile, ma la politica economica di Berlusconi (di fatto solo la legge Tremonti), gli attacchi forsennati a Bankitalia (anche allora c’era Fazio) che pure aveva accolto il nuovo governo con una riduzione dei tassi e quelli alla magistratura e a “mani pulite” del ministro Biondi, aggravarono il quadro e convinsero i mercati (che seguitano a non amare il cavaliere al contrario degli industriali) che quel governo era una “patacca”.
A pagare fu la lira con il risultato che i tassi di interesse ricominciarono a salire, rendendo più dolorosa la stangata per agguantare l’euro e furono i lavoratori che, per il bene della patria, furono tagliati nei salari reali e nelle condizioni di lavoro dai governi che succedettero a quello di Berlusconi.
Oggi Berlusconi è alle prese con un deficit che nella peggiore delle ipotesi, anziché l’1% del Pil (come previsto in marzo) sarà dell’1,5%, meno di 40 mila miliardi. La differenza con il ’94 è in ogni caso enorme e gli spazi di manovra sembrano ampi. Allora di che si lamenta il presidente del consiglio? L’impressione è che Berlusconi, nonostante le chiacchiere e le urla elettorali, sperava che il centro-sinistra avesse risanato molto di più e che a lui sarebbe stato sufficiente affabulare un po’ (è bravissimo a farlo) e qualche piccolo aggiustamento per esaltare l’opera del suo governo.
In realtà non sarà così: l’economia internazionale non tira e vista la relativa incomprimibilità della spesa per interessi, la promessa di rilanciare la spesa in conto capitale (aumentando soprattutto i contributi agli investimenti) si scontra con una spesa corrente molto difficile da tagliare, almeno nel breve periodo e soprattutto dopo quanto già fatto negli scorsi anni (tra il ’95 e il 2000, secondo Bankitalia, la spesa totale rispetto al Pil è scesa dal 53,2 al 46,1 per cento). Oltretutto tagliare in una fase di bassa congiuntura è estremamente difficile e perfino l’abolizione della tassa di successione che tanto sta a cuore alla famiglia Berlusconi può creare problemi di finanziamento.
In queste condizioni l’unica manovra immediata rimane la riproposizione della Tremonti, estremizzazione delle agevolazioni già concesse dal centro-sinistra con la Dit e la superDit. Costa anch’essa (e vedremo se la copriranno con la promessa di un incremento del Pil e del gettito fiscale) ma ha un vantaggio: il consenso degli industriali di bocca buona con il nuovo governo. Tutti e non solo i grandi, visto che la reclamano anche i piccoli, gli artigiani, i commercianti e i liberi professionisti.
L’altra via praticabile (modello Usa), definita “impopolare”, è quella dello smantellamento dello stato sociale spostando le risorse un po’ sull’alleggerimento fiscale e un po’ sulla sanità e la previdenza gestita dai privati, oltre che sulla scuola. Impopolare, ma spazi – sussurrano – ne esistono visto che il risparmio privato in Italia rimane molto elevato e basta ridurlo un po’ per liberare risorse che rimetterebbero in moto – virtuosamente – il ciclo economico. Tutto qui quello che Berlusconi sussurra in parlamento esponendo cripticamente il programma di governo. Non è poco e soprattutto è molto pericoloso.