“La mia sfida più rischiosa tra petrolio, corruzione e Cia”

“Non è un attacco a Bush ma qualcuno mi accuserà di giustificare i kamikaze islamici”
Al suo fianco c´è Matt Damon. Ispirato alle memorie dell´ex agente Robert Baer

«Non è necessariamente un attacco a Bush, ma alla corruzione che passa attraverso il petrolio» dice George Clooney parlando di “Syriana”, il nuovo film che lo vede protagonista. Si tratta di un complesso intrigo internazionale a sfondo politico che tenta di raccontare i giochi di potere in Medio Oriente dopo l´11 settembre, legati soprattutto al business del petrolio. Prodotto dalla Section Eight di Clooney e Steven Soderbergh con la Warner Brothers, “Syriana” (è il termine usato dai think tank di Washington per descrivere una ristrutturazione ipotetica del Medio Oriente), in uscita il 23 novembre sugli schermi americani, è stato scritto e diretto da Stephen Gaghan, lo sceneggiatore premio Oscar di “Traffic”. E´ ispirato al libro di memorie “See No Evil” dell´ex agente della Cia Robert Baer.
Dopo mesi di ricerca sui traffici di petrolio nel mondo e sulla corruzione dei governi nei paesi petroliferi del Golfo la storia ha assunto diversi connotati: Clooney è Bob Barnes, un agente della Cia la cui ultima missione, assassinare due trafficanti d´armi a Teheran, prende una piega sbagliata e viene usato come capro espiatorio dalla stessa Agenzia. Matt Damon interpreta il ruolo di un analista di una compagnia elettrica a Ginevra che, dopo la tragica morte del figlio di sei anni durante una festa offerta dal principe arabo riformista Nasir – che tenta di cambiare i rapporti del padre emiro e del fratello con affaristi americani – accetta di aiutare il principe a riformare il suo paese.
Con “Syriana” affronta ancora un film difficile e scomodo.
«E´ un soggetto rischioso e qualcuno ci accuserà di voler giustificare i kamikaze islamici. Ma dato che è in corso una guerra di idee sarebbe meglio parlarne. Nel film si parla di eventi contemporanei, non di cose successe anni fa, che abbiamo avuto il tempo di digerire, come gli anni ‘50 del mio “Good Night, and Good Luck”. Gaghan ha scritto di proposito un copione difficile. E a me non mi piacciono le cose semplici».
Appare sempre più impegnato politicamente.
«Io appartengo alla generazione cresciuta con il Watergate, mio padre era un giornalista televisivo, fa parte del mio dna mettere in discussione quello che dicono le fonti governative e svelare le bugie di stato. I film che mi hanno formato sono “Tutti gli uomini del presidente” e “Apocalypse Now”».
Come è nato questo film?
«All´inizio Gaghan pensava di portare sullo schermo il libro di Baer, ma man mano che lo scriveva il copione diventava sempre meno un film su quel libro e più sui suoi viaggi a Beirut, sul petrolio, sulle operazioni segrete. Io non interpreto esattamente Bob Baer, abbiamo creato dei personaggi fittizi altrimenti politicamente saremmo stati fatti a pezzi! E poi volevamo parlare di altri temi: mi piace l´idea di un principe arabo che cerca di attuare riforme nel suo paese, e del mio personaggio che agli occhi americani diventa un terrorista perché decide di non stare dalla parte degli americani. Il problema più grosso per noi è stata la vicinanza tra i fatti narrati e la cronaca. Quando parliamo dei cinesi che comprano petrolio in Kazakhstan parliamo di cose che stavano succedendo mentre giravamo: l´escalation dei costi del petrolio, il comitato per liberare l´Iran, sono tutti attualissimi. Certamente ci attaccheranno!».
Lei dice però che il film non è un attacco all´amministrazione Bush.
«E´ un attacco a un sistema politico-affaristico che funziona così da tanti anni, e il petrolio ne è al centro. Baer ce l´aveva pure con l´amministrazione Clinton. Ci saranno quelli che si arrabbieranno all´idea che abbiamo preso un paio di kamikaze e invece di giudicarli cerchiamo di capire come si sono formati. Io sono un vecchio liberal, non mi piace fare prediche ma esporre i fatti».
Pensa gli americani capiranno?
«A furia di parlarne, sì. Sono ottimista nei confronti del nostro paese. Ogni 20 o 30 anni cadiamo in un vuoto di informazione. Pearl Harbor viene bombardata e buttiamo tutti i giapponesi nei campi di concentramento. Poi ci calmiamo e diciamo che questo non è il modo di fare americano e cominciamo a porci domande. E´ il bello di questo paese. L´importante è non venire considerato un traditore solo perché fai domande. Oggi più del 50 per cento degli americani dice che è stato uno sbaglio andare in Iraq, due anni fa era il 31».
Dove avete girato?
«A Dubai e in Marocco, non in Arabia Saudita, ma eravamo ugualmente nervosi perché ci sono tanti fondamentalisti che magari senza aver letto bene il copione avrebbero potuto pensare che li volevamo far passare solo per cattivi. Abbiamo dato il copione a tutti i leader dei paesi di cui parlavamo e tutti hanno capito che il nostro scopo non era giudicare ma porre domande».
Che altro fa di politico?
«Ho una macchina elettrica, da un posto, piccolissima, ma va da zero a 90 chilometri l´ora in quattro secondi, mi ci diverto un mondo. Non puoi fare un film sulla corruzione del petrolio e guidare un Suv. So che nessuno vuol sentire attori parlare di politica, avevo perfino detto a Kerry che l´avrei danneggiato se l´avessi seguito nella campagna elettorale, ma almeno nella mia vita e nel mio lavoro cerco il più possibile di stimolare la discussione».
Per questo film è ingrassato di quasi venti chili che sembrano abbiano contribuito ai suoi problemi di salute dopo il colpo che ha preso durante le riprese di “Syriana”.
«In effetti penso di aver fatto una gran stupidaggine, ma la colpa è solo mia. Nella scena della tortura ho insistito a farmi legare, senza pensare che ho 44 anni e pesavo più di 90 chili! Ero andato in Italia ed ero ingrassato più di 15 chili in 30 giorni, una cosa spaventosa, e quando ho fatto quella scena sono caduto, ho sbattuto la testa per terra e sono svenuto. Poche ore dopo ero su un aereo diretto all´ospedale ed ero convinto di aver avuto un aneurisma, il che dopo anni di ER non mi tranquillizzava affatto!».