«La MayDay di Milano è meticcia per difendere il diritto di esistere»

Ci siamo. La Mayday milanese parte oggi pomeriggio (ore 14,30, Porta Ticinese). Giovanni di Intelligence Precaria ci racconta quest’ottava edizione.

Com’è la Mayday 2008?
Per il primo anno la Mayday sarà aperta dai migranti. Alle riunioni per prepararla hanno partecipato migranti di Bologna, Torino, La Spezia, Vicenza e Milano. La precarietà migrante riveste una centralità politica legata non solo al tema della sicurezza, ma soprattutto al ruolo paradigmatico che riveste nel mondo del precariato; è l’emblema della precarietà dei diritti non soltanto lavorativi, ma anche di cittadinanza, di vita e di accesso ai beni primari, come la casa. E’ interessante che per la prima volta una manifestazione di questa portata faccia da ponte fra la precarietà indigena e quella migrante, e la scelta di valorizzare il tema del lavoro migrante nasce dalla condivisione di un progetto, oltre che di una condizione.

Com’è nata questa collaborazione?
E’ frutto di un lavoro capillare e reticolare, che spesso è poco visibile: dal Punto San Precario lavoriamo per creare un elemento di connessione tra le varie anime del lavoro. Siamo felici di quest’interazione con le associazioni migranti che quest’anno concretizzano una partecipazione superiore a quella degli scorsi anni. La lotta che vogliamo condividere non è solo quella dell’uscita dalla clandestinità, ma anche la conquista di una migliore condizione esistenziale.

Sette anni dopo, la riproposizione del tema non rischia di diventare solo l’«ora d’aria» dei precari?
Ce lo chiediamo anche noi. Sinora il lavoro che accompagna la MayDay ha vissuto di tre fasi fondamentali. Quella di denuncia della condizione precaria, il rendere chiaro che il precariato esiste e non è solo una concezione transitoria. Poi abbiamo voluto sottolineare che il precariato esce dalla dimensione del lavoro e diventa paradigma fondante di modelli di lavoro e di vita, per arrivare al fatto che i lavoratori precari sono il cuore pulsante della produzione della ricchezza. Per questo abbiamo formulato proposizioni imprescindibili: l’accesso al lavoro e ai beni, la riduzione delle tipologie contrattuali (una giungla di 37 forme diverse), e la rivendicazione di un giusto salario, tema che ci avvicina ancor più ai migranti. Ora uniamo la capacità vertenziale alla condizione del lavoro migrante, aggravata dai ricatti dei Cpt e dal legame tra lavoro e permesso di soggiorno. L’altra novità di quest’anno è che la MayDay si fa «Long long Mayday», sono stati già impostati dei momenti di prosecuzione del nostro lavoro con Intellingence Precaria, i lavoratori Sea, Wind, gli operatori sociali, e le sperimentazioni, come quella di City of God, allo scopo di coaugulare e rafforzare le iniziative sul territorio. Ci ritroveremo già l’11 maggio per fare un bilancio della Mayday. Ci impegnamo anche per concretizzare una proposta di welfare partendo dalle realtà effettive, ad esempio quella dei lavoratori della Sea, che per far fronte all’uscita di fondi per la cassa integrazione dei dipendenti interrompe 450 contratti atipici. Non mettiamo in dubbio la salvaguardia dei contratti, ma non è possibile che la scorciatoia sia scaricare il peso sui precari, non occuparsi delle loro istanze neo-sindacali e poi stupirsi se i voti passano alla Lega. E’ necessario anche un intervento sul welfare, che è strettamente legato alle rivendicazioni contrattuali.

La sinistra di governo non ha ascoltato i precari…
Due anni fa abbiamo quasi firmato una delega in bianco al governo Prodi, una fiducia decisamente malriposta. Non so se la sinistra abbia imparato la lezione, sembra ci sia poca attenzione al nuovo mondo del lavoro. Sappiamo che la nostra sfida, la cospirazione a danno di soldi e immagine (il cuore delle aziende) sarà lunga.

Il futuro del resto non promette nulla di buono.
Saranno tempi pesanti, vogliamo rompere il meccanismo di comunicazione e creare una nuova immagine del precario, che non è uno sfigato usa e getta, ma un lavoratore a tutti gli effetti. Ci muoviamo ormai in un contesto internazionale, per proporre un welfare di attuazione europea o mondiale, questa è la sfida decisiva. Altro nodo fondamentale su cui dare battaglia sono gli incidenti sul lavoro, che ormai non coinvolgono più solo gli operai.