La maggioranza vuol vedere il gioco Prodi e Veltroni: bene l’apertura

Impossibile non andare a vederele carte della Casa delle libertà. Anche se le indicazioni che vengono da Gemonio sono generiche. Ma non si può dire di no. Il centrosinistra vuole abbattere, distruggere il Porcellum con cui si è votato nel 2006 e dunque deve cogliere i segnali di dialogo che vengono dall’opposizione. E trovare insieme una via d’uscita contro il referendum serve anche all’Unione perché molti suoi partiti (Rifondazione e Udeur in testa) diventeranno davvero ingestibili di fronte alle urne sul quesito elettorale.
Romano Prodi è cauto, ma disponibile. «Ogni apertura viene vista con interesse e attenzione», dice il premier. Capisce che la Cdl ha ributtato la palla nel campo della maggioranza sbandierando un accordò raggiunto e cercando di mettere il dito nella piaga dell’Unione. Dove non tutti sono d’accordo sul medesimo modello e i referendari sono numerosi, anche tra i leader. Ma Palazzo Chigi rilancia la bozza di Vannino Chiti e il lavoro complessivo del ministro della Riforme. Un testo insomma c’è, una base su cui lavorare, più precisa delle indicazioni venute da Gemonio. Sapendo tuttavia che il Parlamento è «sovrano», ricorda Prodi e «se vogliamo veramente un’intesa bipartisan — spiega il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Enzo Bianco — ognuno dovrà rinunciareaqualcosa». Perciò Prodi continua a invocare il dialogo con tutti (anche con quelli cheaGemoniononc’erano, cioè l’Udc di Pier Ferdinando Casini). Berlusconi ha fatto, almeno in apparenza, un passo avanti. Non è più arroccato sul Porcellum e sul no al dialogo. Perii candidato alla guida del Pd Walter Veltroni sono novità. «La mia prima reazione è molto semplice: considero queste dichiarazioni dei leader della Cdl un fatto positivo». Poi spiega: «E’ positivo il solo fatto che si sia abbandonata una posizione che diceva: dobbiamo andare a votare domani mattina, non siamo disponibili ad alcun cambio della legge elettorale». Se sono rose fioriranno, ma per Veltroni è pure un risultato il tentativo di parlarsi: «È il segno di quello sforzo di civilizzazione e normalizzazione della vita politica italiana nella quale siamo impegnati»
I referendari non si scompongono. Hanno perso un pèzzo importante della loro pattuglia, Alleanza nazionale, ma sono convinti che il dado ormai sia tratto. Le firme sono in Cassazione e l’accordo vero tra i partiti lontano. Solo il costituzionalista Stefano Ceccanti fa notare che il sistema tedesco «all’italiana», che è la base su cui le forze politiche possono discutere, è molto difficile da realizzare. E comunque i tempi sono strettissimi. Enzo Bianco lo sa molto bene, infatti è prudente. «Dobbiamo votare Ialegge elettorale entro la fine dell’anno», avverte. I tempi ci sono, se davvero si trova un punto di equilibrio. Ma la scadenza è vicina e inevitabile. «A gennaio — spiega Bianco — la Corte costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità dei quesiti. Se arriva il via libera, il Parlamento ha il dovere di fermarsi e si andrà a votare il referendum».
Però il tentativo va fatto. Dalla Casa delle libertà sono arrivate «espressioni di ordine generale che possono essere condivise, Bisogna vedere nel merito cosa significa», dice Piero Fassino. «Bipolarismo, riduzione della frammentazione e indicazione preventiva delle alleanze—dice il segretario dei Ds — sono tre condizioni realizzabili con molti tipi di legge elettorale». Ma sono anche i pilastri su cui la Quercia si è mossa negli ultimi mesi, puntando a una rivisitazione del modello tedesco. Chi ha a lungo lavorato a un’intesa come il ministro Chiti mostra una prudenza maggiore. «Sono posizioni da valutare. Mi auguro solo che stavolta non prevalga il tatticismo», mette le mani avanti. Rosy Bindi è ancora più netta: «Peri il momento sono parole al vento». E pessimista è anche l’Udc di Casini. Dice Rocco Buttiglione: «Le posizioni restano uguali e i paletti dell’intesa di Gemonio sono troppo vaghi».