La macchina del pensiero è realtà Dagli Usa lo “scanner” del cervello

LONDRA – La “macchina del pensiero”, ossia un apparecchio in grado di leggere quello che ci passa per la mente, un oggetto che finora sembrava destinato a rimanere nell’ambito della fantascienza, è diventata una realtà. Usando uno scanner simile a quelli utilizzati per le diagnosi negli ospedali, una squadra di ricercatori americani ha ideato un sistema computerizzato che è in grado di indovinare, ovvero di leggere nell’attività cerebrale, le immagini che un individuo sta guardando.

In pratica, la macchina legge quello che il cervello umano registra. La precisione con cui funziona è impressionante: il computer è capace di indovinare l’immagine esatta nove volte su dieci, quando tirando semplicemente a indovinare la percentuale sarebbe soltanto di otto immagini indovinate ogni mille tentativi.

Lo studio solleva la possibilità che in futuro possa essere possibile visualizzare dal pensiero scene dai sogni di una persona o da ricordi che sono stati dimenticati. Ma comporta anche l’ipotesi di interrogatori in cui si va alla ricerca di “crimini del pensiero”, soltanto immaginati e mai compiuti, suscitando apprensione per le violazioni della privacy e dei diritti civili.

La ricerca è annunciata sull’ultimo numero della rivista scientifica Nature, ed è stata anticipata con ampio risalto stamane in prima pagina dal quotidiano Guardian di Londra.

“I nostri risultati suggeriscono che è possibile ricostruire l’immagine dell’esperienza visuale di un uomo misurando la sua attività cerebrale”, afferma il professor Jack Gallant, neurologo della University of California di Berkeley, che ha guidato il progetto. “Ciò schiude enormi possibilità, presto potremo avere una macchina capace di ricostruire in qualsiasi momento un’immagine dal cervello umano”.

La macchina funziona così. In un primo tempo lo scanner registra l’attività del cervello mentre un individuo osserva centinaia di foto a colori e in bianco e nero: panorami, ritratti, animali, immagini romantiche, immagini violente, immagini di ogni genere. Quindi si passa al test vero e proprio, esaminando l’attività cerebrale senza sapere quale immagine la persona stia guardando. Confrontando le due serie di immagini, il computer fa quindi la sua predizione di quello che la persona ha guardato. Su un totale di 120 immagini, la predizione è giusta nove volte su dieci. Su 1000 immagini, è giusta otto volte su dieci. Gli scienziati di Berkeley calcolano che su un miliardo di immagini, su per giù il numero di immagini che si possono trovare su Google, la predizione sarebbe esatta nel venti per cento dei casi.

Ma questo è solo l’inizio. Lo scanner computerizzato usato per il test può scattare solo tre o quattro immagini al secondo. Scanner più sofisticati e complessi potranno, in futuro, leggere con maggiore accuratezza l’attività cerebrale e confrontarla con un più ampio numero di immagini. “Potremo essere in grado di leggere i sogni”, dice il professor Gallant. Potrà essere possibile recuperare frammenti di memoria rimasti “stampati” nel cervello, ma che un individuo non ricorda più o di cui ha perso la consapevolezza. E’ anche possibile immaginare che un giorno una “macchina del pensiero” potrà interrogare il cervello di un sospetto terrorista o di un criminale, per farsi dire cose che costui non rivelerebbe mai di sua spontanea volontà. Le implicazioni comportano inevitabili polemiche e controversie.

C’è tempo, in ogni caso, per il dibattito: “Ma nel giro di 30-50 anni cose del genere saranno a disposizione della scienza e della società”, scommette Gallant. L’uso che vorremo farne dipenderà soltanto da noi.