“Questo non è un partito, ma una comunità terapeutica”: Nichi Vendola ha l’aria sconvolta e la palpebra che vibra come per un impercettibile tic.
E’ l’una e mezza di notte e tra qualche ora il governatore della Puglia annuncerà il suo ritiro dalla corsa alla segreterìa di Rifondazione comunista. E’ la notte più tormentata dei bertinottiani. Quella in cui, per la prima volta, si accorgono senza alcuna possibilità di dubbio, che ormai è andata, che il rivale Paolo Ferrero ha vinto il congresso.
Nell’atrio dell’albergo dove alloggiano i dirigenti della maggioranza divenuta nel giro di poche ore minoranza, Vendola si sfoga: «Ci sarebbe da chiamare il 113 per come si comportano. Una cosa raccapricciante: sono peggio della destra».
Mentre parla, il governatore lascia andare ogni tanto l’occhio nel vuoto, quasi pensasse: «Ma chi me l’ha fatto fare». «Hanno preparato—continua — un documento delirante: vogliono fare la costituente comunista».
Ma siccome è un uomo intelligente, a Vendola non sfugge che quel che è successo è anche colpa della fu maggioranza di Rifondazione: «Abbiamo guidato questo partito per anni e anni e non avevamo capito com’era fatto, e così ha vinto Ferrero che sarà segretario proprio come voleva lui». «E che — aggiungerà più tardi l’ex leader Franco Giordano — aveva pianificato tutto da tempo».
Il governatore si infila in ascensore. Trascorre una manciata di minuti e arriva Fausto Bertinotti. Prima scherza (ma mica tanto) con un amico: «Qui bisogna cominciare a temere per la nostra incolumità fisica. Questi sono peggio di Antonio Di Pietro: riapriranno tutte le galere».
Quel che ha impressionato, e non poco, l’ex presidente della Camera sono stati i pugni chiusi e l’inno utilizzati per «intimidire» quelli che non avevano ancora deciso se votare 0 meno Ferrerò. E’ tardissimo, ma Bertinotti si ferma davanti all’albergo con qualche giornalista e un po’ di aderenti alla componente. Non ha l’aria esasperata di Vendola, cerca di razionalizzare quel che è accaduto e riflette ad alta voce: «Abbiamo perso e dobbiamo fare autocritica perché non lo avevamo immaginato. Ora l’unica cosa che possiamo fare è ritirare Nichi, toglierlo da questo guazzabuglio: si eleggano il loro segretario».
Il giorno dopo però l’ex presidente della Camera appare meno propenso ai ragionamenti e molto molto più stufo della situazione. Tanto che dopo che i ferrariani, per controllare i loro, hanno ottenuto la votazione per appello nominale dei documenti politici e non per semplice alzata di mano e di delega, Bertinotti sale sul palco e dice rivolto alla platea: «Voto la mozione due, ma lo avrei fatto anche dal mio posto». Poi mentre scende gli sfugge un «Vaff…» indirizzato di tutto cuore a Ferrero e soci.
Ma al di là degli insulti e delle autocritiche, Vendola e i suoi devono ora affrontare un problema non da poco. «Potrei fare la secessione della Puglia», scherza il governatore. Ma sa che la scissione potrebbe essere uno degli esiti di questo congresso. Ovviamente non ora, onde evitare che la sinistra scompaia. Magari tra un anno… Adesso però è una prospettiva assai lontana a cui il presidente della giunta regionale pugliese non vuole neanche pensare. E Bertinotti alla domanda risponde solo con un enigmatico: «Io saprei cosa fare ma deve essere Nichi a decidere». E la decisione è quella di restare.
La formula si chiama «separati in casa». Perciò niente ingresso nella segreteria del partito, come confermano sja l’ex capogruppo Gennaro Migliore che Vendola. In compenso la corrente ha già un nome, Rifondazione per la sinistra (e non è un caso che il termine “comunista” non sia presente in nessuna versione e non ci sia neanche una vaga allusione). Ha un compito, quello di creare una sorta di partito nel partito: la corrente farà tessere per iscrivere al Prc più gente possibile e si doterà, come spiega Vendola, «di strumenti di lotta politica e d’informazione».
E Rifondazione per la sinistra ha anche un obiettivo. Lo spiega Rina Gagliardi, ex senatrice e bertinortiana di ferro: «Non è affatto detto che questo nuovo gruppo dirigente regga. Sono troppo diversi, litigheranno su tutto, c’è la possibilità che tra meno di un anno scoppino e a quel punto…». A quel punto la situazione potrebbe ribaltarsi