“Qualsiasi attacco militare contro un paese arabo avrà gravi conseguenze e verrà considerato come un’aggressione contro gli altri stati arabi”. Con queste parole, pronunciate all’inizio della riunione dei ministri degli esteri degli stati arabi in corso a Doha (Qatar), il segretario generale della lega Araba Amr Moussa ha voluto mettere in guardia gli Stati uniti dalla tentazione di allargare il conflitto apertosi in Afghanistan all’Iraq, alla Siria, al Libano o al Sudan. Tentazione assai concreta visto che l’altra sera l’amministrazione Bush ha comunicato al Consiglio di sicurezza dell’Onu, ridotto ormai al rango di notaio delle decisioni Usa, di riservarsi il diritto di colpire anche altri stati che dovessero risultare complici,ispiratori o fiancheggiatori del terrorismo. E che si è manifestata anche in una dura lettera di minaccia all’Iraq, il cui contenuto è rimasto segreto, consegnata al rappresentante di Baghdad al Consiglio di sicurezza Mohammed al Douri dall’ambasciatore americano all’Onu John Negroponte. L’emissario iracheno ne ha comunicato il contenuto a Baghdad e ieri mattina ha consegnato al diplomatico Usa la risposta del governo iracheno, ma più probabilmente dello stesso Saddam Hussein.
Misterioso carteggio in un momento nel quale, come ha sostenuto ieri il ministro degli esteri iracheno, Naji Sabri, la crociata di Bush sta spingendo l’insieme dei paesi arabi sull’orlo di un’altra guerra. Il titolare del dicastero degli esteri di Baghdad ha poi messo in guardia Usa e Gran Bretagna dalla “tentazione di usare la scusa del terrorismo internazionale per saldare vecchi conti”. Ed è questa la preoccupazione maggiore non solo dei 22 ministri degli esteri della Lega araba riunitisi ieri ma anche dei capi di stato o di governo dei paesi islamici che da questa mattina, sempre a Doha, si riuniranno per un congresso straordinario della Organizzazione della Conferenza Islamica (55 paesi) convocata su richiesta dell’Iran. Lo ha ricordato anche il ministro degli affari esteri dell’Oman (dove ieri si è avuta un’inedita e tollerata manifestazione degli studenti universitari contro la guerra all’Afghanistan), Yousef bin Alawi secondo il quale “è inaccettabile” che la lotta contro il terrorismo abbia “altri obiettivi e tra questi alcun paese arabo”.
A suscitare ulteriore allarme a Doha la decisione della Nato di assemblare una potente flotta (alla quale partecipa anche l’Italia) nel mediterraneo orientale proprio in corrispondenza delle coste mediorentali. Sull’argomento è tornato anche il rappresentante palestinese Nabil Shaath secondo il quale nessuno qui vuole che Bin Laden sia usato per un nuovo attacco all’Iraq. Si tratta di una questione assai pericolosa. Gli ha fatto eco il politologo egiziano Mohammed Sayid Said, vice direttore dell’Al Ahram Centre for Political and Strategic Studies: “I governanti arabi, compresi i sauditi, hanno chiarito a Washington che, pur non avendo alcuna passione per il regime di Saddam Hussein quel che è avvenuto in Iraq (guerra ed embargo ndr) costituisce una delle più rilevanti radici della montante ondata di ostilità nei confronti degli Usa in questa regione. La politica Usa è percepita come un qualcosa di eccessivo e tutti ritengono che i cittadini iracheni sono stati colpiti abbastanza ed è ora di smetterla”.