A poche ore dal discorso del presidente Bush sulla «strategia per la vittoria», la resistenza irachena, con un colpo di mano, ha attaccato tre fortini Usa e il palazzo del governatore nella città sunnita di Ramadi, capitale della ribelle provincia di Anbar, occupandone per alcune ore il centro. Il blitz della guerriglia – al quale avrebbero partecipato circa 500 uomini con armi leggere, lancia-granate, mortai e mitragliatrici – è scattato all’alba con un pesante attacco a colpi di razzi contro la base militare americana di Al-Warrar, nella zona ovest della città. Quasi contemporaneamente altri gruppi di commando hanno attaccato la base militare Usa nella vecchia facoltà di agraria, nella zona est di Ramadi, un terzo fortino nel centro della città e la sede del governatorato. Poco dopo vari gruppi di guerriglieri – dopo aver abbattuto un drone americano – hanno preso posizione per le vie della città dove hanno distribuito alla popolazione volantini delle varie organizzazioni della resistenza e dell’Organizzazione di al Al Qaida nella terra dei due fiumi, il gruppo che farebbe capo al giordano abu Musab al Zarqawi, nei quali si sosteneva che «L’Iraq sarà un cimitero per gli americani e i loro alleati». Dopo quasi due ore, quando già volteggiavano nel cielo gli aerei e gli elicotteri americani, i combattenti iracheni si sono improvvisamente ritirati verso la periferia ovest e nord della città. L’offensiva a Ramadi ha coinciso anche con il giorno nel quale si sarebbe dovuta tenere nel palazzo del governatorato una riunione tra i comandanti locali americani, rappresentanti del governo iracheno e alcuni esponenti delle tribù della zona. Nelle ultime settimane l’intera valle dell’Eufrate tra Baghdad e il confine con la Siria ha visto massicci bombardamenti aerei e rastrellamenti delle truppe di occupazione che hanno provocato migliaia di senzatetto e di profughi, molti dei quali ancora accampati sui bordi del deserto, senza mezzi di sussistenza. Le già difficili condizioni di vita degli abitanti della zona si sono poi ulteriormente aggravate dopo che i genieri Usa hanno fatto saltare otto dei dodici ponti che attraversano l’Eufrate da Ramadi sino al confine siriano. Ai bombardamenti e ai rastrellamenti si sono poi aggiunti nelle ultime settimane le uccisioni di decine e decine di esponenti politici e religiosi sunniti – l’ultimo, due giorni fa, è stato il primo muftì di Falluja, Sheik Hamzah al Isawi – ad opera, secondo gli esponenti delle locali comunità, degli squadroni della morte e dei reparti speciali antiguerriglia, in gran parte sciiti, del ministero degli interni. L’intera provincia di Anbar è avvolta dalla guerra: mentre oltre duemila marines investivano la riva orientale dell’Eufrate vicino alla città di Hit la guerriglia colpiva ieri numerose postazioni americane nella città di Falluja uccidendo due marines e ferendone una decina. Ad essere interessata dai bombardamenti Usa, dai rastrellamenti e dalle azioni della resistenza irachena è l’intera striscia verde di palmeti e campi coltivati e i centri abitati sunniti lungo la strada che risale l’Eufrate dalla periferia occidentale di Baghdad (Abu Ghreib) verso nord-ovest passando per Falluja, Ramadi, Hit, Aditha e quindi al Qaim e il confine con la Siria. Una strada che poi prosegue per la siriana Aleppo e che ha sempre costituito un’arteria di grande importanza strategica, una delle principali vie di accesso alla Mesopotamia, sin dai tempi di Senofonte che descrisse mirabilmente la ritirata dalla regione di Anbar sino al lontano mediterraneo, dei 10.000 greci arruolati da Ciro per la battaglia di Cunaxa. Più vicino a noi la città di Ramadi (sunnita come l’intera Anbar), abitata da popolazioni beduine divenute sedentarie e dedite all’agricoltura, ma sempre in armi per respingere le scorrerie che venivano dal deserto verso il verde Eufrate, venne fondata come città militare sul confine del deserto dall’ottomano Madhat Pasha nel 1870, e da allora ha visto gran parte dei suoi figli scegliere la carriera delle armi. Molti ufficiali del disciolto esercito iracheno venivano infatti da questa provincia e non pochi di loro sono andati ora ad infoltire i ranghi della guerriglia.