Dopo un mese di immobilismo e silenzi, quando non di plauso sull’avanzata militare in Libano d’Israele che non ha esitato a colpire in modo deliberato le sedi dell’Onu e, come ieri, i convogli umanitari dei profughi guidati dai caschi blu, il Consiglio di sicurezza ha partorito «la» risoluzione che dovrebbe fermare la guerra. Non è il cessate il fuoco immediato ma, per ora, la fine delle ostilità, c’è il dispiegamento – quando? – nel sud del Paese dei Cedri di una forze d’intermediazione di 15mila caschi blu «risoluta» e con «possibilità di difendersi», insieme all’esercito libanese, e c’è il ritiro delle forze armate israeliane «graduale», non contestuale, come richiesto dalla Lega araba e dal governo di Beirut. Eppure, nonostante il solito poco convincente sorriso di Condoleezza Rice troppo abituata a parlare di «accordi» e a proporre beffe, è accaduto un fatto rilevante. Gli Hezbollah hanno deciso per bocca del leader Nasrallah di accettare la risoluzione dell’Onu e di appoggiare il sì del governo libanese che pure insiste sul fatto che il testo del Palazzo di vetro non denuncia il disastro umanitario provocato dai bombardamenti israeliani. Ma, fatto ancora più rilevante, sono continuati nella notte i raid aerei israeliani e il premier Ehud Olmert, proprio mentre accettava formalmente nella notte anche lui la risoluzione, lanciava la grande offensiva di terra con 30mila militari, centinaia di carri armati alla conquista del territorio libanese fino al fiume Litani e tanti raid aerei, predeterminando sul campo ampiezza e gestibilità di una fascia di sicurezza, addirittura rimandando il cessate il fuoco «a lunedì mattina alle 7», dopo il voto del consiglio dei ministri israeliano convocato per oggi.
Appare subito chiaro che la guerra continuerà, anche perché hezbollah continuerà a combattere finché ci saranno soldati israeliani ad occupare il Libano del sud. Ma è altrettanto evidente che siamo a un punto di svolta e tutti vedono che Israele vuole cercare a tutti i costi, sul filo di lana, in una domenica lunga chissà quanto quella vittoria militare sugli Hezbollah che fin qui non ha ottenuto, fallendo tutti gli obiettivi che aveva annunciato. Già divampa la rivolta dell’estrema destra israeliana contro Olmert accusato di avere perso la guerra e di resa totale all’Onu. Ma ora hezbollah non parla solo con i rudimentali e sanguinosi katiusha, mostra di andare a vedere politicamente le carte di una pace possibile, disposti a coadiuvare anche una forza di caschi blu quando Olmert avrà fermato raid e cannonate. Così la guerra, quella voluta a tutti i costi da Israele, sembra persa. E perse le sue «ragioni».
Forse è troppo presto per parlare di partecipazione ad una forza d’interposizione, perché intanto il conflitto diventa perfino più sanguinoso. Ma annunciarne la disponibilità, a certe condizioni, è importante. Senza mostrare però di salire sul carro di una risoluzione Onu che non ferma ancora la guerra, magari con la parola d’ordine «pronti alla ricostruzione» come stanno facendo quei governi occidentali, compreso quello italiano, che hanno assistito impotenti quando non complici a un mese di distruzioni e di stragi vere. E per quelle non avvenute ma sventate, come per la «guerra di Londra» c’è sempre pronta una solidale ventata di arresti di immigrati. Perché il governo di centrosinistra si presta al gioco al massacro verso il mondo islamico che ormai conosce l’Occidente solo dalla capacità di penetrazione delle sue bombe? Non ci sono 11 settembre precotti da evocare, c’è in giro un tale oceano di odio che abbiamo alimentato che l’11 settembre 2001 davvero impallidisce.
Infine disastro e speranza parlano di noi. In questo ferragosto di guerra è morto Angelo Frammartino, ucciso lì dove era andato a soccorrere e aiutare, in una Palestina negata e nel baratro e – questo è il punto – in una stagione a dir poco di vuoto dell’iniziativa politica in Italia dei pacifisti e della sinistra tutta, a parlamento chiuso e con governo «amico» satollo delle rassicurazioni sulla guerra afghana. Sì, è ferragosto, ma lo è anche a Londra dove sono scesi in piazza centomila pacifisti. La morte violenta di Angelo ci riguarda. Quanto è diventato frainteso, difficile, se non impossibile il non-luogo di chi volontariamente parla di pace?