La guerra sale di tono, anche nell’area «italiana»

Sono ancora i civili a pagare il prezzo della guerra afgana. Segno che lo scontro si alza di tono, moltiplicando i «danni collaterali» e gli errori di mira. Almeno cinque persone hanno perso la vita e altre quattro sono state ferite ieri nel corso di un raid aereo nel distretto di Gereshk, nella provincia di Helmand. Lo ha denunciato un capo tribù locale, Meera Jan. La Nato, da parte sua, smentisce qualsiasi responsabilità, mentre gli Usa dicono di non sapere nulla. Sempre a Gereshk, in un’operazione della forza Nato (Isaf), due guerriglieri talebani sono rimasti uccisi e tre militari feriti. Tra i feriti c’è uno straniero, che non farebbe però parte dell’Isaf. Le armi, dunque, non tacciono. Per questo gli Stati uniti stanno per inviare nuovi soldati in Afghanistan e in Iraq. Il presidente George W. Bush, impegnato in una difficile missione in America latina, lo ha deciso mentre era in volo sull’Air Force One tra San Paolo e Montevideo. Nel complesso, saranno 8.200 gli uomini freschi a prendere posto sui due fronti: 3.500 in Afghanistan, 4,700 in Iraq. Gran parte dei rinforzi saranno impegnati in zone di combattimento, mentre solo una minoranza sarà destinata all’addestramento delle truppe afgane. Il presidente Usa ha chiesto inoltre al Congresso altri 3,2 miliardi per vincere la sua guerra contro il terrore. Guerra che ha costi umani e finanziari altissimi e assomiglia a una tela di Penelope: anche in Afghanistan, dove la vittoria sembrava scontata, bisogna ricominciare a fare sul serio. L’ambasciatore uscente Usa in Afghanistan Ronald Neumann è però di parere diverso. Nella conferenza stampa di saluto, Neumann ha spiegato che nell’ultimo anno e mezzo le condizioni per i talebani sono diventate meno favorevoli: «Sono molto fiducioso del fatto che, pur dovendo combattere duramente, riusciremo a colpire i talebani». L’ambasciatore fa mostra di ottimismo anche se l’anno scorso ha registrato il maggior numero di vittime dalla cacciata dei talebani nel 2001. Le minacce arrivano anche via Internet. In un video realizzato dall’Islamic media front, legato ad Al Qaeda, si intima a Germania e Austria di ritirare le truppe dall’Afghanistan. Berlino e Vienna hanno risposto che non si lasceranno intimidire e continueranno a impegnarsi in Afghanistan. Anche se, in Iraq, due ostaggi tedeschi sono in mano dei guerriglieri. Tra gli alleati, però, c’è malumore. Italia, Francia e Germania non vogliono inviare altri soldati, né far rischiare la vita ai propri uomini in aree troppo pericolose. E anche la Gran Bretagna di Tony Blair ha dovuto fare dietrofront davanti al rifiuto delle altre potenze europee. L’Italia, in particolare, impegnata in Afghanistan con quasi 2 mila uomini, punta su una conferenza di pace con contorni ancora indefiniti. Nel frattempo, la guerriglia talebana continua a colpire ai fianchi polizia locale e truppe Nato, sperando di sfiancare un avversario sulla carta più forte. L’ultimo agguato è avvenuto ieri nella provincia occidentale di Farah, dove nove agenti di polizia hanno perso la vita mentre un decimo è gravemente ferito. Una delle vittime era il capo della polizia della provincia di Bakwa. Fresco di nomina, stava andando ad assumere l’incarico dopo l’arresto del suo precedessore, finito in cella insieme con il governatore del distretto per sospetti legami con i talebani. I poliziotti sono stati sorpresi da una bomba telecomandata, che fatto saltare in aria il loro veicolo poco prima delle 12 locali. Tutti gli indizi conducono verso i talebani, che uccidendo il nuovo capo della polizia hanno riaffermato la loro legge. Come dimostra l’ultimo attacco, la resistenza è riuscita ad aprire più fronti e non basterà una sola offensiva per sconfiggerla. Mentre l’«Operazione Achille» lanciata dalla Nato si concentra sull’Helmand, provincia sud-occidentale, nelle altre zone non mancano gli scontri. La provincia di Farah, scenario dell’ultimo attacco, confina a ovest con l’Iran ed è abitata da genti pashtun. Le statistiche dicono che qui la produzione di oppio è rimasta nella sostanza stabile negli ultimi tempi. Il primo marzo scorso, Farah, capitale dell’omonima provincia, era stata scossa da un’esplosione: due morti e 33 feriti il bilancio dell’attentato.

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