Chi evoca la Guerra fredda sbaglia. Sulla questione georgiana, quella tra Stati Uniti e Russia «non è una guerra ideologica tra due blocchi che si fronteggiano sulla base di una alternativa di sistema – come nella Guerra fredda, appunto – ma è uno scontro giocato tra potenze capitaliste e imperialiste per il controllo di territori e risorse energetiche». Iacopo Venier, responsabile Esteri del Pdci, sintetizza così l’attuale crisi che ha come palcoscenico il Caucaso, ma che sta mettendo a rischio gli equilibri anche in altre regioni e, soprattutto, tra gli attori internazionali più potenti.
Iacopo, che ruolo ha Washington in questa crisi?
L’escalation in Georgia è legata al tentativo statunitense di contenere la ripresa Russa nel Caucaso. Inoltre, anche le dinamiche economiche internazionali pesano. L’attuale crisi economica è gravissima, e a tutte le grandi crisi economiche hanno sempre corrisposto, purtroppo, iniziative militari, sia per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica che per risolvere problemi strutturali dell’economia capitalistica. Nel caso degli Stati Uniti, questo si combina anche con il tentativo dei neocon di influenzare le elezioni presidenziali di novembre. Tutto ciò ha portato gli Usa a cercare lo scontro con Mosca, provando il punto di resistenza dei russi nella zona per loro più delicata, il Caucaso.
La Russia ha congelato i rapporti con la Nato. Che succederà in Afghanistan?
Finora i russi hanno sostenuto l’attività della Nato in Afghanistan permettendo transiti logistici e offrendo supporto di intelligence. Se si sganciano dalla partnership vedremo un aggravarsi delle condizioni sul terreno. Cosa che suggerirebbe, ancora una volta, il ritiro delle nostre truppe da una guerra che ormai anche lo stesso governo di Kabul non può più tollerare, a causa dei disastri che provoca alla sua popolazione civile.
L’indipendenza di Ossezia del sud e Abkhazia richiama in causa il Kosovo. E’ quella la premessa che ha portato alla crisi attuale?
La ferita del Kosovo ha comportato la rottura del principio secondo il quale i confini possono essere modificati solo con il consenso di tutte le parti in causa. E’ stata una ferita del diritto internazionale da cui difficilmente si potrà tornare in dietro.
Per l’Italia fu D’alema, allora ministro degli Esteri, a riconoscere il Kosovo…
D’Alema si accodò agli altri stati europei e al volere statunitense. Purtroppo non tenne conto della decisa opposizione che noi Comunisti italiani avanzavamo. Allora tentammo di mettere in guardia il ministro D’Alema e il sottosegretario Crucianelli che riconoscere il Kosovo avrebbe creato gravissime tensioni a Est…
Ed è quello che è successo. Adesso l’Europa è in difficoltà: da un lato si cerca di compiacere Washington e dall’altro di mantenere buoni rapporti con Mosca per le forniture di gas.
L’Europa in questo momento è il vaso di coccio tra due vasi di ferro, perché ha deciso una linea subalterna alle posizioni americane. L’Ue sbaglia quando accetta sul proprio territorio lo scudo spaziale; sbaglia quando acconsente l’allargamento della Nato fino ai confini con la Russia; e sbaglia quando pensa che essere il principale compratore di gas russo possa condizionare la posizione di Mosca nei nostri confronti: in realtà siamo noi che abbiamo bisogno di quel gas.
Cosa dovrebbe fare l’Ue?
Perseguire una reale indipendenza e autonomia che porti a un ruolo diverso nel contesto internazionale. Ne avremmo bisogno sia sul versante Est che su quello mediterraneo con tutta la vicenda mediorientale. Invece, l’Europa rischia di essere l’agnello sacrificale degli scontri che si stanno aprendo in tutto il mondo per il controllo delle risorse energetiche.
Alla luce di ciò, che valore assumono le elezioni europee del prossimo anno?
Saranno decisive. L’Europa deve scegliere se vuole essere indipendente e autonoma o rimanere suddita degli Stati Uniti. Se vuole l’autonomia non può che affidarsi a una sinistra fortemente convinta del ruolo libero che deve assumere l’Ue, sia sul piano delle alleanze internazionali che su quello della costruzione di relazioni economiche con il resto del pianeta.
In Italia, sia il Pdl che il Pd lasciano presagire la linea della sudditanza. Tenteranno di estromettere la sinistra anche dal Parlamento europeo?
Questo tentativo ci sarà. Per questo abbiamo avanzato ai compagni di Rifondazione la proposta di presentarci insieme, con una lista comunista, alle europee. Così affronteremmo le elezioni nella chiarezza, chiedendo alla sinistra un voto di fiducia ma anche di grande utilità: avere i comunisti nel Parlamento europeo è importantissimo, e ogni giorno ce ne rendiamo sempre più conto anche osservando la situazione italiana, dove si sente la mancanza in Parlamento di una forza che porti nelle istituzioni le ragioni della pace e del diritto.
*articolo pubblicato su La Rinascita della Sinistra del 4 settembre 2008