La guerra invisibile contro le donne

Un rapporto pubblicato il mese scorso dalle Nazioni Unite documenta casi di mogli bruciate vive, delitti d’onore, infanticidi di bambine, traffici a fini sessuali, stupri di gruppo utilizzati alla stregua di un’arma in tempo di guerra e molte altre raccapriccianti forme di violenza perpetrata contro le donne. Il rapporto, costituito da una raccolta di molteplici studi provenienti da tutto il mondo, avrebbe dovuto essere considerato l’ultimo dispaccio da quel fronte permanente di guerra che è la guerra contro tutte le donne del pianeta. Invece, i mezzi di informazione hanno accolto il suo sconvolgente contenuto con uno sbadiglio collettivo.
L’analogia con una guerra non è un’iperbole. In molte regioni del mondo gli uomini picchiano, torturano, stuprano e uccidono le donne rimanendo impuniti. Negli ultimi anni a Ciudad Juarez, una cittadina messicana situata lungo il confine con il Texas, sono state uccise tra le 300 e le 500 donne, molte delle quali prima di essere ammazzate sono state violentate e mutilate. Nel rapporto dell’Onu si legge che il “fattore cruciale” che ha consentito il ripetersi di questi episodi è il diffuso convincimento che una punizione per questi crimini è altamente improbabile. Ogni anno in India sono migliaia le donne uccise, sfigurate e mutilate molte delle quali arse vive dopo essere state cosparse di kerosene – da mariti insoddisfatti per l’entità della loro dote o adirati per il loro comportamento. In Etiopia il rapimento e lo stupro di giovani ragazze è un sistema al quale si ricorre quasi comunemente per prendere moglie: in molti casi i genitori della vittima acconsentono poi al matrimonio, ritenendo che una volta violentata, la gio¬vane non avrà alcuna speranza di sposarsi altrimenti. In Pakistan da un punto di vista legale una donna non può dimostrare di essere stata stuprata se quattro giovani “virtuosi” uomini musulmani non testimoniano di avere assistito alla violenza. Senza questi quattro testimoni la donna diventa lei stessa passibile di essere accusata di fornicazione o adulterio. In alcuni casi la violenza sessuale di cui sono vittime le donne si verifica in cifre esorbitanti e nauseanti: si pensi per esempio al Darfur, al Congo, al Suda n e all’ex Yugoslavia. Così si legge nel rapporto delle Nazioni Unite: « L’incidenza della violenza contro le donne nei conflitti armati, in particolare la violenza sessuale e lo stupro, è sempre più spesso riconosciuta e documentata». Nel mondo oltre 130 milioni di giovani e donne vivono con le conseguenze delle mutilazioni genitali, mentre molte altre sono morte per questa barbara usanza. Jessica Neuwirth, presidente di Equality Now, organizzazione internazionale per i diritti delle donne, ha detto: «Chiunque sia stata mutilata conosce qualcuno che per quella stessa mutilazione ha perso la vita. Si muore per emorragia o per infezioni che subentrano più tardi». La forma più diffusa di maltrattamenti contro le donne e le bambine in tutto il mondo è la violenza esercitata su di loro dai loro stessi partner: un ‘altissima percentuale di donne sono vittime ogni anno, perfino in paesi sviluppati come l’Australia, il Canada, Israele o gli Stati Uniti, dei loro stessi mariti e fidanzati, attuali o ex. Una ricerca sulle giovani donne rimaste vittime negli Stati Uniti ha assodato che l’omicidio è la seconda causa di morte per le ragazze di età compresa tra i 15 e i 18 anni, e che il 78 per cento di tutte le vittime di omicidio prese in considerazione dallo studio ha perso la vita per mano di una persona di famiglia o un partner.
Il rapporto ci dice qualcosa che dovremmo già aver compreso, che questa diffusa e dilagante violenza contro le donne, che «sia perpetrata dallo Stato o da suoi rappresentanti, da membri di famiglia o da estranei, nel settore privato come nel pubblico, in tempo di pace o in tempo di guerra», è inaccettabile. Invece, non solo non stiamo facendo nulla per contrastare questa generale distruzione di vite di così tante donne e bambine, ma non stiamo neppure prestandovi la debita attenzione. Esistono movimenti femminili che si battono contro la violenza sulle donne perfino nei Paesi più piccoli, ma sono spesso finanziati in maniera inadeguata e ricevono poco supporto da chi sarebbe nella posizione di poterli aiutare (perfino nell’ Afghanistan dei talebani c’erano donne che gestivano scuole clandestine e bambine che rischiavano la vita per poteri e frequentare).
C’è stato un tempo nel quale gli attivisti alzavano forte la voce per scuotere le nostre coscienze. Non è troppo tardi: possiamo cominciare riconoscendo che la condizione d’inferiorità nella quale sono tenute le donne e la violenza perpetrata sulle donne e le bambine in tutto il mondo sono una realtà sistematica di fatto e che è giunto il momento di fare qualcosa per porvi rimedio.

@”The New York Times” – “L’espresso”