Traduzione di l’Ernesto online
*“Avante” è il settimanale del Partito Comunista Portoghese
La guerra della NATO contro la Libia ha distrutto decine di infrastrutture non militari e ha ucciso circa 250 civili in tre mesi. L’offensiva è accompagnata da un’intensa campagna mediatica che non risparmia i mezzi per presentarla come “umanitaria”e censurare coloro che difendono la sovranità del paese.
Uno degli ultimi episodi che smentiscono che l’Alleanza Atlantica agisce in nome della difesa del popolo libico è stato il bombardamento e la distruzione di una fabbrica che forniva ossigeno liquido agli ospedali del paese. Secondo le informazioni divulgate dal reporter di “Telesur” sul luogo, Rolando Segura, oltre quella infrastruttura, anche due camion carichi di alimenti sono stati bersaglio delle bombe dell’Alleanza Atlantica sulla strada di accesso alla città di Sirte.
Negli ultimi giorni sono stati anche devastati un generatore di energia elettrica a Tripoli – che si presume essere annesso al complesso governativo, di cui non resta un solo edificio in piedi -, varie installazioni della televisione statale e di controllo dei sistemi di comunicazione via satellite.
La capitale della Libia è stata, inoltre, sconvolta, a metà della settimana scorsa, dalla più violenta campagna di attacchi aerei dall’inizio della guerra imperialista. In un solo giorno, la NATO ha lanciato 60 missili sulla città uccidendo almeno 31 persone. In totale, affermano le autorità libiche, dall’inizio della guerra, sono già morti circa 250 civili in conseguenza dei bombardamenti indiscriminati.
L’esodo delle popolazioni che cercano di sfuggire agli attacchi aggrava la crisi umanitaria nel paese, e solo negli ultimi giorni circa settemila libici hanno cercato rifugio in Tunisia, ammettono le autorità tunisine.
Una campagna insana
Sul terreno proseguono e si intensificano i combattimenti tra i ribelli appoggiati da aerei, elicotteri e istruttori della NATO, e le truppe regolari, seguendo alla lettera gli ordini dei ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica che hanno garantito, a Bruxelles, la continuazione dell’intervento contro la Libia “per tutto il tempo che sarà necessario” e “con i mezzi necessari”.
L’esercito libico, nel frattempo, è riuscito a conservare lo stallo militare sui principali fronti di combattimento, come a Brega, Misurata, Ajdabiya e nei dintorni di Tripoli, dove gli insorti hanno tentato, senza successo, di bloccare i movimenti delle forze armate fino alla frontiera con la Tunisia.
A Al Zawiah, le truppe del regime guidato da Muammar Gheddafi hanno persino catturato diversi ribelli, tra cui sembra si trovassero cittadini yemeniti, egiziani e algerini. Ciò confermerebbe che i mercenari coinvolti nei combattimenti stanno dalla parte degli ammutinati e non al soldo di Gheddafi, come si è cercato di far credere per intossicare l’opinione pubblica.
Sul terreno della campagna mediatica, l’imperialismo ricorre anche alle accuse più inverosimili, come quella lanciata recentemente dal magistrato del Tribunale Penale Internazionale, Luis Moreno-Ocampo, secondo cui Gheddafi avrebbe ordinato violenze di massa per impaurire la popolazione. Secondo Ocampo, citato da AFP, il leader libico avrebbe addirittura comprato grandi quantità di stimolanti sessuali affinché i soldati compissero la missione.
Silenzio totale dei grandi mezzi di comunicazione sociale su fatti tangibili e verificabili nel paese aggredito, contemporaneamente all’omissione di altri come le riunioni e le conferenze tribali che, coinvolgendo libici di varie generazioni, stanno cercando di dare impulso all’unità e alla sovranità nazionale, e, attraverso il dialogo con il governo, già hanno ottenuto la liberazione di circa 500 insorti fatti prigionieri durante il conflitto.