La guerra fa bene all’economia, si dice. Gli Stati Uniti uscirono veramente dalla depressione solo con le spese belliche della Seconda guerra mondiale, si aggiunge. Se questo è vero, anche il recente conflitto in Afghanistan, per quanto circoscritto, ha aiutato l’economia? L’intervento armato americano è racchiuso nel quarto trimestre di quest’anno e i tempestivi e dettagliati conti nazionali Usa permettono di fare già un bilancio dei costi della guerra e quindi degli impulsi all’economia. Ma, prima di parlare delle spese belliche, vediamo come si è mossa in generale la spesa pubblica Usa nel l’ultimo anno. Fra il quarto trimestre 2001 e il quarto 2000, la spesa per consumi e investimenti pubblici è aumentata, in volume, del 4,9%, ed è solo grazie alla spesa pubblica che il Pil americano, nel confronto annuale, non è diminuito. Questo aumento di spesa reale si è accompagnato a un forte peggioramento del saldo di bilancio; ma il peggioramento sarebbe stato molto più intenso se nel periodo la spesa per interessi non fosse diminuita di 40 miliardi di dollari. Ecco un altro utile sottoprodotto del fortissimo allentamento monetario della Fed, che ha permesso allo Stato di passare a sostegno dell’economia i soldi risparmiati sul servizio del debito. L’aumento di spesa si è concentrato su consumi pubblici e trasferimenti. E l’aumento delle spese per la difesa, pari a 22 miliardi di dollari, ha contato per circa un quinto nell’aumento della spesa corrente. Come si vede dalla tabella, l’aumento reale delle spese per la difesa, pari al 5,6%, è stato cospicuo, e si è concentrato negli aerei, nei carburanti, nelle munizioni e nella logistica di supporto. Un confronto con il trimestre intenso della Guerra del Golfo, all’inizio del 1991, è istruttivo: benché allora gli spiegamenti di forze fossero molto maggiori, gli effetti sull’economia furono modesti nel l’immediato. Lo spostamento di mezzo milione di uomini sul teatro delle operazioni richiese naturalmente un aumento della spesa per la logistica molto più sostenuto. Ma l’intervento nel Kuwait avvenne in un momento di grande tensione nei prezzi del petrolio e i costi del carburante per navi e aerei aumentarono così fortemente da alzare il deflatore per le spese della difesa e “mangiare” l’aumento nominale lasciando solo un modesto aumento reale. L’opposto è successo nel caso dell’Afghanistan. Tuttavia, la differenza maggiore fra le due “conseguenze economiche della guerra” sta probabilmente nel trattamento delle scorte. Nei conti nazionali le scorte pubbliche non sono trattate separatamente dai consumi e dagli investimenti fissi della pubblica amministrazione. Talché, se, per esempio, le munizioni consumate vengono dalle scorte, non hanno effetto sul totale della spesa pubblica (la stessa cosa succede per la spesa privata, naturalmente, ma là è possibile separare la domanda finale da quella per scorte). Ebbene, sembra che le gestioni just in time delle giacenze si siano fatte strada anche nel Pentagono, cosicché i consumi di munizioni si riflettono rapidamente sulla spesa pubblica (e quindi sul Pil), mentre nella guerra di undici anni fa molto materiale venne tratto dalle scorte e poi rimpiazzato gradualmente, diluendo quindi gli effetti della spesa bellica sull’attività economica.