Un forte legame tra l’Europa e gli Stati uniti, la rivendicazione del ruolo “umanitario” degli interventi italiani in Kosovo e nel Medio Oriente (Afghanistan compreso), il millantato rispetto della Costituzione all’articolo 11 coniugato con le esigenze internazionali ed il ruolo dell’Italia nel più vasto contesto mondiale. E’ l’affresco di costruzione della politica estera del futuro governo della GAD tracciato da Piero Fassino che non scorge alcuna difficoltà per il Centrosinistra in politica estera: la sicurezza espressa dal Segretario dei DS in merito è suffragata dal fatto che questa resta purtroppo la linea maggioritaria dell’Alleanza in tema di rapporto con la guerra e, soprattutto, contestualizza nel prossimo futuro la predisposizione italiana verso le politiche imperialistiche che oggi sconvolgono l’area della Mezzaluna Fertile.
Leggendo le note di Fassino non si avverte nessun riferimento al valore della pace come elemento discriminante e differenziante l’attuale politica estera del Centrodestra. E il movimento delle bandiere arcobaleno rischia di divenire orfano di tutti i compagni e amici di strada che lo hanno accompagnato lungo le vie e le piazze italiane: ci viene da pensare se debba rimanere orfano anche di Rifondazione Comunista, tutta interna alla GAD e prigioniera delle dichiarazioni di Bertinotti sulle decisioni prese a maggioranza. E se la maggioranza si esprimesse nel senso delle chiarissime parole di Fassino? Dovremmo forse accettare una Nato e l’ONU parimenti impegnati nel ristabilimento della “democrazia” in Iraq e, per di più, con la presenza dei militari italiani?
Ci toccherebbe, allora, piegarci ad una maggioranza che vede nell’Europa uno strumento di “umanizzazione” dell’attuale politica imperialista della neo-destra di Bush?
In poco tempo il ruolo sociale e politico del PRC subirebbe una mutazione radicale, diventando quasi dicotomica rispetto al movimento per la pace e, in larga parte, a sè medesima.
Se le condizioni programmatiche per la partecipazione di Rifondazione al governo sono, tra le altre, quelle espresse dal leader dei DS (che è ovvio non parla a semplice titolo personale…) non c’è possibilità di accordo di governo. Abbiamo detto, e lo ripetiamo, che una delle pregiudiziali di programma che distingua il nuovo governo da quello attuale, deve essere il ritorno del completo rispetto dei princìpi Costituzionali e, in chiave politica, la traduzione di tutto ciò trova la sua espressione nel completo rifiuto dell’impiego delle forze militari per qualsiasi conflitto armato, sia esso sotto egida dell’ONU o della Nato, o di altra potenza. No alla guerra, dunque, e senza SE, senza MA.
Non c’è e non potrà esservi pace con la Nato o con l’ONU in Iraq, così come non vi è oggi con la missione “umanitaria” italiana.