La grande tentazione

«Il tema di fondo della politica italiana resta sempre quello: la tentazione neocentrista». Così scriveva Alfredo Reichlin sull’Unità di domenica scorsa. In questi mesi preelettorali c’è la corsa. Una corsa che sembra contraddire il famoso detto sul passaggio dalla tragedia alla farsa: siamo alla farsa che può sfociare in tragedia. E più lungo sarà il tempo di qui al voto, peggio andranno le cose. Almeno bisognerebbe dare ascolto alla raccomandazione di Ciampi per un voto ad aprile. I due attuali schieramenti – centro-sinistra e centro-destra – sono sempre più agitati e forte è la tentazione del terzo polo, che raccolga i veri centristi delle due parti in gara. E così Mario Monti – quasi a confermare certe nostre preoccupazioni sul terzo polo – è sceso clamorosamente in campo per proporre il «grande centro», del quale – credo – lui sarebbe il leader. Non va dimenticato che fino a ieri, o l’altroieri, Monti era il ministro dell’economia in pectore del centro sinistra: di conseguenza i Ds sono rimasti senza parole. Ma subito ha protestato Tremonti per dire che i tecnocrati debbono starsene a casa e non rompere le scatole.

La tentazione neocentrista alimenta la farsa e così entra in scena anche il presidente del Senato Marcello Pera, che per acquisire visibilità si sforza di tradurre (in grossolano volgare) le più prudenti parole di Benedetto XVI. Anche il papa faceva lezione agli amici musulmani, ma Pera traduce la lezione in minaccia di guerra e agita i mortali pericoli del meticciato e del relativismo.

Vale aggiungere – lo ribadiva Chiarante sul manifesto di sabato scorso – che le primarie stanno diventando il terreno di guerriglie e imboscate tutti all’interno del povero centro sinistra, che per diventare più centrista deve bastonare i Ds, i quali appaiono piuttosto frastornati.

Tutto questo farsesco agitarsi è segno che la partita è seria. È una partita che investe i centri di potere, dei quali i «veri centristi» (che coincidono con quel che resta dei vecchi e indeboliti poteri forti) ha un vitale bisogno di impadronirsi e qui il gioco si fa duro. Il coinvolgimento di Bankitalia e Corsera ne è conferma.

A questo punto i Ds, che sono la forza maggiore del centro-sinistra, non si possono limitare a chiedere segni di amore da parte di Prodi o a titolare, sull’Unità di ieri, «Questione morale numero uno: battere Berlusconi nel 2006». La questione morale è in buona parte una finzione e a liberarsi di Berlusconi ci stanno pensando anche i veri centristi, quelli rappresentati da Montezemolo, da Monti e da qualche banca, quelli che lavorano al terzo polo.

I Ds dovrebbero ristudiare un po’ il loro passato (quello che rimuovono) e avere il coraggio di una posizione netta e chiara con l’indicazione degli amici e soprattutto dei nemici. Dire che la «rendita» è cattiva senza individuare i rentiers e proporre misure che li colpiscano e li facciano arrabbiare è solo propaganda e anche poco efficace. Bisognerebbe che almeno loro la smettessero di correre al centro.

La vittoria elettorale è importante, certamente, ma per la vittoria elettorale non si può rinunciare alla propria identità. Forse è nostalgico e retorico, ma non posso fare a meno di ricordare che il vecchio Pci, dall’opposizione, ha governato meglio e più di quanto i Ds non abbiano fatto da Palazzo Chigi.