«La Forza di risposta della Nato (Nrf) ha raggiunto la capacità operativa iniziale»: lo hanno trionfalmente annunciato, al meeting «informale» di Poiana Brasov in Romania, il generale Usa James Jones, comandante supremo alleato in Europa, e il segretario della Nato Jaap De Hoop Scheffer. Questa «forza ad alta prontezza e tecnologicamente avanzata», composta ora di 17mila uomini, potrà essere «dispiegata in qualsiasi parte del mondo entro 5 giorni» ed essere «autosufficiente per un mese in una vasta gamma di missioni». La comanda, dal quartier generale di Napoli, l’ammiraglio statunitense Michael Mullen, comandante del Joint Force Command Naples (il nuovo comando Nato sempre con sede a Napoli), il quale è allo stesso tempo comandante delle Forze navali Usa in Europa, il cui quartier generale è stato trasferito da Londra a Napoli. E l’ammiraglio Mullen ha anche la responsabilità operativa delle missioni Nato nei Balcani, nel Mediterraneo e in Iraq. L’Italia diviene così trampolino di lancio della nuova forza di rapido spiegamento, agli ordini del comandante delle forze navali Usa in Europa (la cui area di operazioni comprende anche l’Africa, l’Asia e il Medio Oriente), il quale fa parte della catena di comando del Pentagono che ha la priorità su quella della Nato. Ma il contributo italiano alla Nrf, fortemente voluta dal segretario Usa alla difesa Donald Rumsfeld, non si limita a questo. Alla conferenza stampa a Poiana Brasov, il generale Jones ha informato gli italiani di ciò che nessuno praticamente sapeva (neppure in parlamento): «Abbiamo una unità della Nrf, un battaglione italiano, attualmente in Afghanistan». Si scopre così che il battaglione Susa di 500 alpini (in Afghanistan ha assunto il nome di «Task Force Cobra») ha avuto l’onore, ancor prima dell’annuncio della raggiunta capacità operativa della Nrf, di essere il primo ad essere spedito in missione quale contingente della nuova «forza ad alta prontezza». Non solo: per dimostrare la raggiunta capacità operativa della Nrf, l’Italia ha messo a disposizione la Sardegna, dove, dal 30 settembre al 16 ottobre, si sta svolgendo la più grande esercitazione marittima e anfibia dell’anno, «Destined Glory 2004», con 9.500 uomini, 47 navi da guerra e 46 aerei di 11 eserciti della Nato, sotto il comando del Joint Force Command Naples al comando dell’ammiraglio statunitense.
In tal modo Washington sta trasformando sempre più l’Europa in trampolino di lancio della «proiezione di potenza» americana verso sud e verso est. E tale scopo sta ridislocando le forze Usa dall’Europa settentrionale e centrale a quella meridionale e orientale. E’ una strategia non solo militare, ma politica: per superare le resistenze che vengono da quella che Rumsfeld definisce la «vecchia Europa» (Germania e Francia), Washington fa leva sugli amici più fedeli (e ossequienti), tra cui si distingue l’Italia, e, contemporaneamente, sulla «nuova Europa» impersonificata dai paesi dell’Est appena entrati nella Nato. Alla vigilia del meeting «informale» in Romania, Rumsfeld ha visitato la base aerea Mihail Kogalniceanu presso il porto di Costanza sul Mar Nero, che il Pentagono sta trasformando in una grande base, non Nato ma statunitense. La sua importanza, ha dichiarato un funzionario al seguito di Rumsfeld, è dovuta al fatto che «è situata al crocevia tra Europa e Asia, a una distanza che permette di colpire in Iraq, Afghanistan e altri luoghi caldi» (New York Times, 12 ottobre). Per di più, la base aerea è integrata da una vicina base terrestre per dislocare e addestrare truppe. Collegando queste basi in Romania al porto e all’aeroporto di Burgas in Bulgaria, e al vicino Camp Sarafovo, il Pentagono potrà «costruire una forte presenza militare statunitense nell’Europa orientale» (Washington Post, 12 ottobre). Stabilendo una forte presenza militare in Romania e Bulgaria, Washington lega questi paesi più agli Stati uniti che all’Unione europea: i milioni di dollari che il Pentagono ha speso per rattivare le basi rumene e bulgare sono appena l’antipasto di un appetitoso business da miliardi di dollari, derivante dalla costruzione di nuove strutture e dalla presenza di migliaia di soldati statunitensi, da cui guadagneranno le élite al potere. Così, quando questi paesi entreranno nella Ue nel 2007, Washington disporrà di ulteriori leve per influenzare le decisioni europee e renderà automatici gli interventi militari della Nato attraverso la «forza ad alta prontezza» che, sotto comando Usa, sarà «dispiegata in qualsiasi parte del mondo entro 5 giorni». E i parlamenti europei? Saranno ancora a discutere se intervenire o no.