La glasnost arriva anche in Cina

È ufficiale: le riforme politiche cinesi sono in agenda, e la Cina diventerà democratica in futuro, anche se non si quanto sia lontano questo futuro e che forma avrà la democrazia cinese. Ieri, in un’apertura senza precedenti, il primo ministro cinese Wen Jiabao nella conferenza stampa dopo la sessione plenaria del parlamento cinese, trasmessa in diretta tv in tutto il Paese ha annunciato che occorre promuovere riforme politiche: «Bisogna cambiare… dobbiamo promuovere la riforma del sistema politico, diminuire l’eccessiva concentrazione del potere, aumentare la supervisione del popolo sul governo».
Wen rispondeva a una domanda di una giornalista della tv cinese. L’affermazione non era quindi casuale. Il premier ha poi rivendicato che i diritti umani, la libertà, la democrazia, l’eguaglianza, l’amore universale appartengono alla tradizione del socialismo, non del capitalismo. Anche se, ha fatto capire, per il socialismo realizzato bisognerà attendere oltre cento anni.
Anche la corruzione, il male peggiore di cui si lamentano i cinesi, deriva dall’eccesso di potere. «Ci sono molte cause che creano corruzione ma tra queste la più importante è l’eccessiva concentrazione del potere che non subisce controlli e restrizioni efficaci», ha affermato Wen.
L’annuncio delle riforme politiche arriva 28 anni dopo che quelle economiche vennero annunciate, con più modestia e in termini molto più equivoci da Deng Xiaoping. Riforme e apertura, gli slogan poi diventati familiari, allora vennero presentati in una stretta cornice di ortodossia marxista. Oggi questa cornice è, quanto meno, screpolata.
L’annuncio delle riforme politiche arriva il giorno in cui economia e politica si incrociano. Alla fine di un’estenuante maratona parlamentare di cinque anni ieri è stata approvata finalmente la legge che tutela la proprietà privata, per la prima volta nella storia della Repubblica popolare. La legge ha avuto ben cinque rinvii, spinta dalla tenacia della leadership mentre il parlamento remava contro. Secondo la prassi, una legge rinviata per tre volte viene cassata, ma stavolta non è successo perché la leadership si è imposta. Ma fino all’ultimo intellettuali di sinistra e vecchi veterani del partito avevano inondato il parlamento di appelli contrari alla legge, considerata l’ultimo chiodo sulla bara del maoismo.
Gli oppositori sostengono che la nuova legge non chiarisce la differenza tra proprietà acquisita legalmente e quella ottenuta illecitamente. Wen però ieri ha risposto che la vera risposta alla corruzione non è la resa prima della legge ma un ulteriore passo avanti, verso le riforme politiche.
Anche il fiorire della discussione intorno ala legge prova lo sviluppo del dibattito democratico. E qui nasce anche il suo paradosso. La legge che apre in maniera strutturale ai diritti politici, perché la difesa della proprietà ne è la base concreta, è passata anche attraverso un esercizio di autorità del potere centrale. Qui in nuce la contraddizione cinese: per far avanzare le riforme economiche e politiche è ancora necessario un intervento di autorità.
Che si tratti di una nuova stagione lo si legge anche nel vocabolario usato da Wen. Il primo ministro ha usato per ben quattro volte la parola «touming», «trasparenza», termine introdotto in Cina negli anni ’80 traducendo letteralmente la «glasnost» di Gorbaciov. La parola era stata ufficialmente abolita dal dizionario politico dopo Tiananmen nel 1989 ed è riemersa timidamente negli ultimi anni. Oggi Wen l’ha ripetuta in momenti centrali delle sue risposte.
Ma di certo non sono riforme alla russa quelle che ha in mente il partito cinese, né una riedizione delle idee dell’89. Wen ha spiegato a chiare lettere che le sue riforme non hanno nulla a che spartire con Zhao Ziyang, il defunto segretario del Pc dposto per avere sostenuto gli studenti a Tiananmen. Niente rovesci immediati, e la ricerca anzi di una via cinese alla democrazia, perché essa, ha sottolineato Wen, deve essere basata sulla cultura di un popolo. La democrazia cinese sarà un viaggio, forse anche tempestoso e non diretto. Ma questo viaggio ieri è iniziato.