La Gerusalemme demolita

Pronto il piano per distruggere 88 case arabe che apre la via a coloni e speculazione

Cresce la protesta dei palestinesi per il piano, rivelato qualche giorno fa dall’ingegnere capo del comune di Gerusalemme, Uri Shitrit, di demolizione di almeno 88 case arabe (abitate da circa mille persone) in al-Bustan, un rione del quartiere di Silwan, ai piedi delle mura della città vecchia. Il progetto, che rischia di avere conseguenze politiche gravissime, è stato contestato anche dai deputati arabi alla Knesset. «E’ una dichiarazione di guerra» – ha messo in guardia Jamal Zahalka (Tajamo) – è una evidente operazione di pulizia etnica ai danni della popolazione palestinese e a vantaggio dei coloni israeliani che da anni tentano di penetrare in massa in quella parte di Gerusalemme». Zahalka ha fatto riferimento alle manovre in quella zona – la biblica città di Davide – della Elad, la società immobiliare legata ai coloni, che negli anni passati è entrata in possesso, spesso in modo oscuro, di numerose case palestinesi. Le considerazioni di Zahalka sono condivise anche dal parlamentare ebreo Roman Bronfman (Yahad, sinistra) che in una lettera inviata al comune di Gerusalemme ha denunciato il tentativo di cacciare via da Silwan gli abitanti arabi. Ieri sera la Knesset si è riunita d’emergenza su richiesta dei deputati arabi e della sinistra ed il dibattito si è fatto subito acceso. Da martedì centinaia di palestinesi si stanno recando nel quartiere dove è stata eretta una tenda di protesta. «Israele deve dare una possibilità alla pace. Non può, ogni volta che si parla di ripresa dei negoziati, approvare piani che rischiano di far saltare tutto», ha affermato il ministro palestinese Saeb Erekat. Il progetto illustrato da Shitrit riguarda un gruppo di case che secondo il municipio sono state costruite abusivamente in un’area di grande richiamo storico – vi si trovano reperti archeologici che risalgono anche a cinquemila anni fa – che dista pochi minuti a piedi da alcuni dei più importanti luoghi santi per gli ebrei e per i musulmani: il Muro del Pianto e la Spianata delle Moschee di Al-Aqsa e della Roccia. Secondo Shitrit è destinata a diventare un «parco nazionale» nel quale sarà vietata la costruzione di stabili.

Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Mark Regev, ha rivendicato il diritto di demolire le case costruite illegalmente, dimenticando però l’illegalità dell’occupazione israeliana della zona araba (est) di Gerusalemme che dura da 38 anni, dal giugno del 1967, e che la comunità internazionale non ha mai riconosciuto. I palestinesi vedono nel piano una conferma della campagna di Israele volta «a giudaizzare la città» e accusano il municipio di condurre una politica deliberata di concessione di licenze edilizie agli arabi col contagocce. Il reporter israeliano Meir Margalit, esperto di Gerusalemme e che oggi guiderà un tour per giornalisti e diplomatici a Silwan, ha escluso che la decisione di demolire le case sia partita dalla amministrazione comunale e ha ipotizzato una intesa tra governo Sharon ed estrema destra volta a «risarcire» politicamente i coloni della evacuazione degli insediamenti ebraici di Gaza.

In ogni caso gli abitanti di Silwan non hanno alcuna intenzione di rimanere ad osservare la demolizione delle loro case. Non pochi hanno annunciato che si barricheranno nelle abitazioni il giorno in cui arriveranno le ruspe. «Preferiamo morire sotto le macerie piuttosto che essere cacciati via, non ci piegheremo, ma resisteremo sino all’ultimo», ha avvertito Salim Qaluti, uno dei palestinesi minacciati dal piano israeliano.

In questo clima oggi faranno ritorno a casa i 400 prigionieri palestinesi la cui scarcerazione era stata decisa al vertice Sharon-Abu Mazen di Sharm El-Sheikh (8 febbraio). Israele ha gia’ liberato 500 prigionieri. In carcere rimangono tuttavia altri 7 mila detenuti politici e i palestinesi denunciano che il governo Sharon ignora deliberatamente la lista dei «veterani» (da più di dieci anni dietro le sbarre) legati in prevalenza ad Al-Fatah. Da ieri, intanto, il generale Dan Halutz, 54 anni, già comandante dell’aeronautica israeliana, è il nuovo capo di stato maggiore dell’esercito dello Stato ebraico. Halutz tre anni fa, dopo un bombardamento aereo a Gaza in cui rimasero uccisi numerosi bambini palestinesi, dichiarò di «essere tranquillo e di dormire senza alcun problema».