La Fiom perde la conta tra gli operai, ma Cremaschi non ci sta

Giorgio Cremaschi, furioso: “Ci sono state gravi irregolarità nel voto al referendum sul protocollo del welfare”. Parla di urne “volanti”, di consultazioni “irregolari” per alzata di mano, di votazioni avvenute al di fuori dei luoghi di lavoro “con urne che poi sparivano rapidamente”. Ma soprattutto, dice il leader massimalista della Fiom al Foglio, “sono quindici giorni che si vota in barba alle date ufficiali fissate”, dall’8 al 10 ottobre. Altro che le denunce dell’eurodeputato Marco Rizzo (Pdci), definite “piccoli nei” dal presidente della Camera Fausto Bertinotti. Cremaschi ha compilato un dossier di denunce, un faldone che fa impressione. D’altra parte questo referendum l’ha vissuto sul campo. Facendo picchetti ai cancelli delle fabbriche, improvvisando assemblee nei cortili Così appena gli si dice che le agenzie battono un dato parziale della Cgil: vittoria dei “Sì” all’82 per cento, sbotta. “Cavoiate – urla nell’orecchio del cronista – impossibile!”. Poi telefona all’Ansa e.detta una dichiarazione di fuoco: “I dati di Cgil, Cisl e Uil sono privi di qualsiasi credibilità”.. Eppure la Cgil già esulta e l’Ulivo pure: “Più facile adesso la strada parlamentare”. Comincia una guerra delle cifre che neanche alle elezioni politiche. Sotto cova un braccio di ferro lungo.mesi tra la Fiom e i sindacati confederali. Quel gioco allo scavalco a sinistra che ha coinvolto anche Rifondazione comunista. E che ha già fatto tremare il governo guidato da Romano Prodi.
Cremaschi ci legge i dati: Ma non quelli assoluti, “quelli significativi”, dice. “Le grandi fabbriche hanno rifiutato il protocollo. A Melfi, a Tennini Imerese, alla Piaggio di Fontedera. Questo significa – afferma con enfasi – la crisi del sindacalismo italiano”. E sembra voler dire, “caro Epifani, siamo alla resa dei conti”. Pei* Cremaschi le conseguenze politiche sono puramente collaterali, non lo interessa che Rifondazione adesso possa ulteriormente irrigidire il suo niet al protocollo e alla Finanziaria determinando una erisi di governo. Fa il duro Cremaschi. “Solo sindacato. Senza guardare in faccia nessuno”. Ma da par suo anche Rifondazione comunista, il metasintìacato, è in possesso di dati. Non ufficiali e semisegreti. Danno i “No” al 20 per cento. E anche se la Cgil sentenzia che “sono meno della metà” è abbastanza perché il partito si mobiliti. Il responsabile economico, il solitamente silenzioso Maurizio Zapponi, spiega: “Adesso dobbiamo raccogliere il malessere dei lavoratori. E grande tessuto produttivo italiano ha rifiutato l’accordo di luglio”.
I risultati definitivi si sapranno domani, ma il dato sembra esser già stato sviscerato dai principali attori del teatro politico-sindacale. Per di più gli annunciatissimi brogli adesso hanno una nuova vittima di peso. E Giorgio Cremaschi chiede “una verifica” e lo scorporo “di tutti i voti effettuati al di fuori dei tempi e dei luoghi previsti”. Dunque l’ex rifondarolo Marco Ferrando non fa una previsione irrealistica quando dice che “le conseguenze politiche saranno fortissime. Non solo per il sindacato, ma anche nel governo”. Già il governo, che domani si riunisce in Consiglio dei ministri in previsione della discussione sulla Finanziaria, a cui il protocollo è collegato. Rifondazione ha già detto che non lo voterà.
Oggi una riunione di vertice tra Prc, Pdci, Sd e Verdi stabilirà la condotta comune dei quattro membri della Cosa rossa nel Consiglio dei ministri. L’orientamento generale per il moménto è l’astensione. Ma come dice Giordano, “non si potrà non ascoltare questo lamento dei lavoratori”. Che tradotto potrebbe significare, di fronte alle resistenze dell’aria riformista della maggioranza, la crisi di governo. Scontentati sulla riforma della legge elettorale (chiedevano il sistema tedesco) e sulla modifica dei termini di rinnovo dei contratti a tempo determinato (chiedono che sia vietato alle aziende di protrarre i contratti oltre la soglia dei 35inesi), i vertici del Prc vivrebbero un buon risultato del “No” al referendum come un’occasione per abbandonare la barca che affonda Bertinotti permettendo. E’chiaro.