Una cosa è infine certa: questo testo della finanziaria è quello definitivo. Per valutarne appieno la portata, o anche per scoprire «bachi» nascosti nelle sue centinaia di pagine e migliaia di commi, occorrerà una lettura più approfondita di quella che è stata possibile ieri pomeriggio. Ma questa versione non potrà essere più modificata, perché il governo ha deciso di mettere la fiducia, nell’aula del Senato, dopo aver verificato l’impossibilità di concludere l’iter della discussione e delle votazioni in tempo utile. Poi passerà alla Camera, che dovrà approvarla – senza neppure un passaggio in Commissione – senza modifiche, pena un nuovo passaggio al Senato tra Natale e Capodanno.
Stamattina alle 10 verrà iniziata la discussione generale sulla fiducia, se nel frattempo il testo verrà «ripulito» degli appunti correttivi aggiunti fino all’ultimo minuto. Domani si andrà avanti fino alle 18. Venerdì, infine, nel tardo pomeriggio si arriverà alla fase delle «dichiarazioni di voto» e poi alla votazione vera e propria. Il presidente Antonio Marini ha già detto che comunque si potrebbe slittare fino a sabato mattina.
L’iter è barocco e sembra aver fatto definitivamente il suo tempo. Il ministro dei rapporti con il parlamento, Vannino Chiti, ha preannunciato che da gennaio le camere saranno investire del problema di trovare una nuova strada per definire annualmente quella che resta la principale legge dello stato. Perché «non penso sia normale che per sei, sette mesi, governo e parlamento siano occupati dietro alla legge finanziaria». Ha glissato senza troppi problemi sull’ennesimo voto di fiducia: «da molti anni, indipendentemente dal tipo di governo, è ingestibile senza questo voto».
Sui contenuti sono invece evidenti i problemi creati dall’affastellarsi di provvedimenti (e pressioni categoriali o lobbistiche) senza un chiaro indirizzo unitario. Il punto principale resta quello della «stabilizzazione dei precari» del pubblico impiego e della scuola. Con parecchie differenze tra loro. Mentre per la scuola, infatti, sembra ormai pacifica la decisione di assumere in pianta stabile 150.000 insegnanti e 20.000 Ata (personale tecnico-amministrativo) già al lavoro da anni, per il pubblico impiego restano in piedi molte incertezze. Alimentate anche dalle oscure esternazioni del ministro della funzione pubblica,Luigi Nicolais, che prima – in un’intervista al Corsera – prometteva «niente assunzioni a pioggia» e «più determinazione sui licenziamenti», e poi (all’Ansa) spiegava che assumere questi 500.000 (impegnati da anni nella sostituzione del personale nel frattempo andato in pensione!) «non sarebbe un vantaggio per l’amministrazione». Se ne può concludere che le «regolarizzazioni» nei ministeri, negli enti locali e nella sanità saranno davvero poche.
Per restare nel campo dei precari, quanti hanno un contratto a tempo determinato usufruiranno di una detrazione Irpef di 1.380 euro l’anno; nulla, a quanto pare, per le altre 42 forme contrattuali «atipiche» esistenti sul mercato del lavoro. Proroga di un anno per i precari dell’Istat. Trecento nuovi ispettori del lavoro dovrebbero invece corroborare la lotta «al sommerso», agli infortuni, alle cosiddette «morti bianche».
Università e ricerca hanno ricevuto l’ennesimo sgarbo dopo molte promesse: scendono da 120 a 97 i milioni di euro aggiuntivi per di «recuperare il maltolto» dal Dpef di luglio. Un mare di soldi, invece, per l’alta velocità: 8,1 miliardi tra qui e il 2021, ma con la tranche più grosse per il gli anni 2008 e 2009. Soldi che verranno da un aumento dei pedaggi autostradali, contemporaneamente all’aumento del canone dovuto allo stato dalle società concessionarie. Conferme per gli incentivi alla rottamazione auto e alla conversione a gas metano e gpl. Per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri sono stati stanziati 190 milioni di euro, il triplo di quanto inizialmente previsto, ma ancora troppo pochi per risolvere i problemi.
Confermati anche gli assegni familiari per i figli fino a 26 anni, se più di tre e studenti o apprendisti. Scomparso infine il ticket per i «codici verdi» al pronto soccorso. Dettagli sparsi, insomma, di un puzzle che scontenta tutti.