“Hanno scioperato anche loro, i ragazzi precari, è la prima volta che succede”. Si apre con questa novità, lo sciopero di Melfi, in corso ieri, due ore a fine turno, puntata lucana dell’iniziativa di lotta indetta dalla Fiom-Cgil in tutti gli stabilimenti del gruppo per riaprire la vertenza integrativa Fiat – dissenzienti le altre organizzazioni sindacali metalmeccaniche. Lo sciopero è riuscito, “un’astensione del 25% reale, realissima, ben più dei nostri iscritti Fiom”, ci risponde il segretario della Basilicata Giuseppe Cillis. L’apice nel turno serale, una delle due linee di produzione immobile per mancanza di persone. Nessuna possibilità per la Fiat di mascherare il black out, come aveva tentato in giornata, facendo fermare e ripartire le linee a singhiozzo, scontando l’uscita di pezzi incompleti pur di non ammettere la botta dello sciopero.
Ma è sulla “novità” che batte il tasto Giuseppe Cillis, con sorpresa e soddisfazione: l’adesione dei giovani con contratto a termine. Ce ne sono ancora 125 in fabbrica, in scadenza i primi di dicembre. Sono gli ultimi rimasti, dopo la decimazione fatta dalla Fiat che ha buttato fuori a marzo 300 ragazzi interinali, e il 13 ottobre altri 200 a termine.
Ma, appunto, “a marzo e a ottobre noi facemmo gli scioperi, ma non uscì nessun precario”, mentre ieri sì, e i ragazzi sono andati a dire alla Fiom che sono pronti per continuare la lotta. Non è un caso. Le speranze di “salvarsi dal licenziamento” affidandosi all’azienda, alimentate le altre due volte dal comportamento ambiguo della Fiat, e dalle promesse improvvide di qualche sindacato – il Fismic, per farsi votare nelle elezioni delle Rsu aveva millantato un proprio potere di intervento sui licenziamenti – sono risultate del tutto mal riposte.
Così, “non ci incanta la Fiat, non ci fidiamo più”, hanno spiegato i precari che hanno scioperato, e ai cancelli sono arrivati anche parte dei 200 ragazzi già sbattuti fuori questo mese, per dare alla Fiom la propria adesione alle iniziative future che intende intraprendere. “Hanno capito che se non vogliono subire la Fiat come un fato malefico possono agire”. Si è aperta una fase nuova, commenta Cillis, forte anche del primato ottenuto dalla Fiom nel voto delle Rsu, premiata per aver proposto di reagire alle minacce di futuro della Fiat.
Nelle assemblee dei giorni scorsi, a Melfi, il responsabile Uilm ha raccontato che nella riunione dell’Osservatorio di gruppo la Fiat ha detto ai sindacati: “fino a dicembre non succede nulla”. Sufficientemente minaccioso. Intanto l’azienda continua a terziarizzare, destrutturare l’organizzazione, licenziare. “E rifiuta confronti sul futuro”. Quel che si vede è un progressivo logoramento di tutta la situazione, il tran tran di cassa integrazione e eliminazione dei giovani precari, finchè alla fine – prevedono parecchi dirigenti sindacali – “diranno non si regge, e si andrà a migliaia di esuberi”.
A Melfi nella Fiat e indotto ci sono 10.000 giovani a rischio. Perciò, dice Cillis, “intendiamo coinvolgere i massimi vertici istituzionali, la Regione”, che in Basilicata è guidata dall’Ulivo, “anche se abbiamo già tentato una volta, senza esito”. Anche a Milano sono andati alla regione, alla provincia, quelli di Arese, fabbrica praticamente chiusa. Un destino analogo si paventa per Rivalta, e così pure a Torino si chiamano in causa le istituzioni: “ci vorrebbe una trattativa generale, tipo Volkswagen”, nota il segretario Fiom piemontese Cremaschi. Ma dappertutto le istituzioni, di destra o di sinistra, non rispondono.
Commentando l’intero ciclo di scioperi alla Fiat indetti dalla Fiom, il coordinatore nazionale auto Lello Raffo sottolinea l’importanza di “aver dimostrato che si può lottare, che nulla è ineluttabile, che i lavoratori hanno scoperto che con la lotta si può intervenire sul proprio destino. Si tratta di continuare per dare soluzioni positive, a partire dai giovani, a questi primi momenti di lotta”. Giuseppe Cillis rimarca che questo è un bandolo dell’intero gomitolo: “oltre al contratto aziendale che non si rinnova, c’è l’accordo separato sul contratto nazionale” fatto dai padroni “con chi volevano loro, come volevano loro”, e poi “l’articolo 18, la precarizzazione…”. La Fiom sta preparando lo sciopero nazionale del 16 novembre, ma l’intera vicenda chiama in causa la stessa Cgil, e la scuola, il pubblico impiego, alle prese col contratto: solo che finora da questi dirigenti sono venute dichiarazioni di fuoco ma ben pochi fatti.