Oggi è il 2 giugno, festa della Repubblica e ci sarà una sfilata militare (o, si dice, una sfilatina) sulla quale questo giornale non è d’accordo.
Proviamo a ragionare. Si può capire che dopo una brutta guerra e una brutta sconfitta militare si sia sentita l’opportunità di dare un riconoscimento alle forze armate, che non sono affatto disprezzabili e dovrebbero servire alla difesa del paese e delle sue frontiere e non certo per mandarle in Iraq o in Afghanistan.
Quindi le parate ai Fori Imperiali, a Roma, potevano avere, avevano, una certa giustificazione. Adesso che sono passati tanti anni dalla fine della seconda guerra mondiale e che anche le forze armate hanno cambiato la loro composizione (non c’è più la leva obbligatoria per tutti i cittadini, ma un volontariato un po’ pagato), la sfilata militare per il 2 giugno ha perduto ogni ragione.
Le forze armate – nonostante la fine della leva obbligatoria – è giusto rispettarle e onorarle, ma il 4 novembre nella giornata delle Forze armate e non nella festività della Repubblica che, come recita la Costituzione (non ancora devoluta) si fonda sul lavoro e non sulle forze armate.
Debbo dire che il primo presidente della repubblica che ebbe questa sensibilità costituzionale è stato Oscar Luigi Scalfaro che la sfilata del 2 di giugno l’abolì. Debbo aggiungere che a restaurarla, per un ingenuo e malinteso senso della patria, è stato Carlo Azeglio Ciampi, il quale forse sentì qualche pericolo e quindi l’utilità di dare alla Repubblica il sostegno delle forze armate. I suoi, certamente, sono stati tempi difficili.
Ma oggi, dopo che Berlusconi è stato battuto due volte, alle politiche e alle amministrative, per rispetto alla Repubblica e alla Costituzione sarebbe opportuno che la festa della Repubblica non sia celebrata dai militari, ma dai civili è dai lavoratori, visto che nella Costituzione sta scritto che la Repubblica italiana si fonda sul lavoro e non sulle forze armate.
Da questo punto di vista bene ha fatto il nuovo presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, a sollevare obiezioni e farebbe bene, proprio per il ruolo che ricopre, che è di sostanza e non di cerimonia, a non andare in via dei Fori Imperiali.
Speriamo che siano in molti ad andare alla marcia dei pacifisti, che non è affatto una manifestazione eversiva, ma di presa di coscienza dei pericoli di guerra che incombono sul nostro presente e sul nostro avvenire. Sono passati più di sessanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale, un periodo troppo lungo nelle statistiche storiche del nostro mondo occidentale (e non tutti di pace) e tanto lungo che fa riemergere le minacce di conflitti pericolosi. Le guerre di Iraq e Afganistan cominciano a far pensare alla Serbia del 1914 o a Danzica e alla Polonia del 1939. Certo ci tranquillizza il fatto che siano da noi molto più lontani della Serbia o di Danzica, ma ora – questo ci spiegano tutti – c’è la globalizzazione e tutto è diventato più veloce.
Quindi, per tornare a noi, diamoci da fare, perché la festa della Repubblica non sia più la festa delle forze armate, pur meritevoli di tutto il nostro rispetto. Non dimentichiamo che il presidente Oscar Luigi Scalfaro – un democristiano doc e non certo un bolscevico – questa singolare festa decise di abolirla. E non certo per spirito antipatriottico. Il nuovo presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che molto probabilmente sarà stato anche partigiano della pace, dovrebbe pensarci su e, con tempo e meditazione, decidere che la sfilata militare si farà il 4 novembre e non il 2 giugno, festa della Repubblica – ripeto – fondata sul lavoro. E anche il compagno Fausto Bertinotti, ora presidente della Camera dei deputati, dovrebbe arricchire questa importante carica istituzionale di linfa civile e non militare. Non sarebbe offesa alle istituzioni della Repubblica se decidesse di non andare in via dei Fori Imperiali. Riceverebbe un grande applauso e darebbe molta fiducia a un popolo meritevole e che ha bisogno della possibilità di aver fiducia nel presente.