Che cos’è una favola? Si tratta di una narrazione simbolica tramandata in ogni cultura, utile con le sue metafore ad evocare la realtà. Se continua così dovremo cominciare a raccontare la favola delle Nazioni unite. C’erano una volta l’Assemblea permanente, il Palazzo di vetro, i caschi blu…
E’ un fatto incredibile, ma di Nazioni unite, della sua straordinaria utilità in questo momento sembra non parlare più nessuno. E proprio di fronte a due sanguinose crisi internazionali.
In Macedonia la Nato si autocelebra, si autoapprova e si autoinvia ancora una volta in una missione di “pace”. Nonostante i disastri provocati e l’incapacità dimostrata sinora ecco che ora spedisce 3.500 uomini a “disarmare” le milizie armate albanesi. Sia chiaro: nessuna interposizione di pace, nessuno schieramento tra contendenti, la consegna delle armi sarà “volontaria”, da parte dei miliziani fino a pochi mesi fa armati di tutto punto proprio dai servizi di Intelligence dell’Alleanza atlantica, mentre compaiono nuove sigle di sedicenti ribelli albanesi armati e molte milizie allo sbando si dichiarano irriducibili. Insomma, una missione pacioccona e insieme rischiosissima dalla quale gli americani si defilano, che alla fine servirà solo a legittimare ancora di più l’Uck in Macedonia.
A dar rassicurazioni ai governi alleati è il generale americano Joseph Ralston, comandante supremo della Nato in Europa, eroe pluridecorato e soprattutto “esperto” di Balcani: ha guidato la campagna di bombardamenti “umanitari” su Kosovo e Serbia nel 1999. Per Amnesty International che parla per quei 78 giorni di raid (di cluster bomb e uranio impoverito) di “uccisioni volontarie di centinaia di civili”, si tratta probabilmente di un criminale di guerra da portare subito all’Aja. E invece Joseph Ralston diventa il militare che assicura che “ci sono le condizioni”, mentre invece sul campo regge una fragilissima tregua fatta di violenti scontri armati, pulizie etniche, vendette e profughi che l’Onu giudica troppo presto far tornare.
Non sarebbe invece proprio l’ora di un intervento delle Nazioni unite, visti i fallimenti e le responsabilità della Nato? Due valide ragioni ci dicono di sì, proprio mentre i governi europei e l’Italia in primis invece – anche grazie al sì bipartisan dello schieramento di centro-sinistra – accettano di partecipare ad una nuova avventura atlantica.
La prima ragione è che le Nazioni unite fin dal 1992-1993 hanno gestito proprio in Macedonia una missione di “prevenzione”, vanto dell’Onu perché era unica al mondo, proprio nella giusta previsione di un surriscaldamento del clima politico nella delicata Macedonia. Quella missione vigilò davvero fino al 1997-1998, e furono cinque anni duri per Skopje, interessata nel frattempo da tensioni con la Bulgaria e con l’Albania oltre che dall’insorgere di conflitti interni con un attentato alla vita del presidente della repubblica Kiro Gligorov. Poi il personale di quella missione, tutto del nord-Europa, venne cambiato con personale americano. Si preparava l’avvio della guerra in Kosovo: invece che salvaguardare la stabilità della piccola Macedonia bisognava trasformarla, con promesse di finanziamenti e cambi di governo, in trampolino di lancio di ogni operazione, a partire dalla trasformazione delle torrette di vigilanza alle frontiere con la Jugoslavia in sofisticati sistemi di puntamento militare che si sarebbero dimostrati preziosi per i bombardieri atlantici.
La seconda ragione è che solo le Nazioni unite hanno nei Balcani l’univa vera esperienza in fatto di raccolta di armi e disarmo di milizie armate. In Albania, dopo la rivolta popolare del marzo 1997 contro le “piramidi finanziarie” e l’assalto ai depositi di armi, per due anni e ancora adesso quelle armi hanno continuato a girare. L’Onu ha approntato un programma originale, il più importante al mondo, di raccolta di armi con compenso e coinvolgimento degli armati in attività civili di reinserimento. Non è proprio la stessa cosa da fare in Macedonia, ma è sicuro che l’esperienza c’è ed è forte.
Niente da fare. Nonostante sia chiaro che raccogliere armi di chi vuole disarmare è proprio una operazione di polizia internazionale, anche stavolta, come con la guerra umanitaria, decisa fuori da ogni consesso e legge internazionale, le Nazioni unite devono essere messe da parte, per dare spazio a quella stessa Nato che, legittimando l’Uck e le diverse milizie albanesi con il sostegno in armi e finanziamenti, ha preparato l’attuale disastro macedone.
Come se non bastasse, tutto questo accade negli stessi giorni in cui il veto americano nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite impedisce l’invio di osservatori internazionali nei territori occupati militarmente da Israele; osservatori che oltre a costituire un valido strumento per fermare le violenze, possono intanto proteggere la popolazione civile palestinese sottoposta ad un violento assedio. Giacché lì non si consuma uno scontro tra pari, ma è in atto una guerra d’occupazione da parte di uno degli stati più armati del pianeta contro uno stato senza terra e armato solo di sassi, fucili e tanta disperazione.
E’ la favola delle Nazioni unite, ora buone solo per i summit, come quello della Fao. Al quale il vertice della Nato che si svolgerà a fine settembre a Napoli manda a dire che ha un bel progetto per la fame nel mondo, per il quale l’Italia di Berlusconi ha già detto sì e già si preparano i primi contratti: riarmare l’Occidente con lo “scudo spaziale” il cui costo iniziale ammonta a 200mila miliardi di lire. Se non è violenza questa?!
Comunque, c’era una volta l’Onu…