Sono passati meno di due mesi dal referendum e dalla valanga di no che ha seppellito la devoluzione del centrodestra che stravolgeva il nostro assetto costituzionale. Il progetto del presidente lombardo Roberto Formigoni, con il No al referendum, ha subito uno scossone ma non è stato sconfitto; continua a vivere nella politica e nelle scelte quotidiane, utilizzando strategie politiche «innovative» e gli strumenti legislativi rimasti a disposizione.
L’ordine del giorno del 27 luglio sulle priorità e le richieste della Regione Lombardia al governo nazionale, ideato dal «governatore» e votato pure dai consiglieri Ds e Margherita al Pirellone, ha l’obiettivo, sottolineato nell’articolo di Manuela Cartosio del 5 agosto, di far rientrare dalla finestra quella devoluzione che il voto popolare ha cacciato dalla porta. Per l’approvazione «bipartisan» dell’odg regionale è stato utilizzato il «tavolo Milano», voluto da Prodi, costruito su obiettivi condivisibili ma senza la presenza delle parti sociali, in particolar modo dei sindacati confederali di Milano.
Il successo politico di Formigoni travalica gli stessi contenuti, trascina due importanti forze politiche del centrosinistra verso «larghe intese» sul suo progetto che, tra l’altro, non prevede un rapporto corretto con il sindacato confederale. Il «governatore» da oltre un anno non ha relazioni costruttive con Cgil, Cisl e Uil lombarde.
Il documento richiama un’ampia convergenza del mondo economico, sociale e politico sugli obiettivi da perseguire, ma Formigoni da tempo ignora il punto di vista sindacale sulle proposte di legge inerenti le infrastrutture, il mercato del lavoro, lo sviluppo economico, la competitività di sistema. In particolare, per la Cgil rimane forte la contrarietà al modello sanitario regionale e alla creazione delle Fondazioni, che stravolgono l’idea universalistica della sanità pubblica in favore di quella privata.
Anche per questo è incomprensibile l’apertura di Ds e Margherita a Formigoni che individua nelle modifiche introdotte dal centrosinistra (art. 116 e 119) al Titolo V° della Costituzione gli strumenti usufruibili per riaffermare la «sua» devoluzione. Il tentativo di aggirare gli ostacoli per accaparrarsi competenze e funzioni, l’idea di un federalismo fiscale come fonte impropria di finanziamenti, il non rispetto dei principi di solidarietà sociale sono evidenti quando attribuisce, con la solita supponenza, a se stesso e alla ricca Lombardia la capacità di «gestire meglio di quanto faccia lo Stato».
Con le sue 800 mila aziende industriali e con il 20% del Pil nazionale la Lombardia resta centrale per la competitività e lo sviluppo del paese; ma i tardi cantori della «locomotiva» omettono di dire che proprio in Lombardia si registra il più basso tasso di crescita, aumentano le aziende in crisi e le ore di cassa integrazione, si perde competitività. Tutto ciò non è attribuibile al solo deficit infrastrutturale del territorio. In Lombardia si registra il maggior numero di morti sul lavoro e il lavoro nero e precario prosperano, insieme all’evasione e all’elusione fiscale. Questo produce nuova povertà, mentre peggiorano le condizioni di salute della popolazione a causa dei livelli di inquinamento atmosferico e delle acque. Ma la Regione rinuncia al suo ruolo d’indirizzo sociale del denaro pubblico, tutta tesa ad esercitare il proprio potere per realizzare contratti regionali nei settori della sanità e della scuola, rompendo l’unità del mondo del lavoro e intaccando il valore universale e solidale del contratto nazionale di lavoro.
Di ciò che interessa i cittadini e i lavoratori, e dunque un’organizzazione confederale come la Cgil, non vi è traccia nell’ordine del giorno e, purtroppo, neppure nell’iniziativa politica dell’Ulivo lombardo che dovrebbe contrastare, non assecondare, le politiche della Giunta di centrodestra. Per noi della Cgil la vicenda del Pirellone ha una valenza nazionale. Evidenzia che la strada per difendere i valori della Costituzione e conquistare politiche economiche e sociali innovative e in discontinuità con il centrodestra è lunga e tortuosa. Pur consapevoli dei disastri economici, sociali e culturali lasciati da Berlusconi e delle difficoltà del governo di centrosinistra, non siamo disponibili a rinunciare all’autonomia di pensiero e di azione sindacale.
* Segretario Cgil Lombardia