«La Costituzione? La sintesi più alta dei valori dell’umanità»

«Perché salvare la Costituzione? Perché rappresenta la sintesi più alta dei valori irrinunciabili dell’umanità». Raniero La Valle, ex direttore del “Popolo” e dell’“Avvenire d’Italia”, giornalista televisivo, senatore della Sinistra Indipendente dal 1976 al 1992 è stato tra i promotori dei Comitati contro la riforma. La sua è la posizione di un intellettuale a tutto campo in difesa di diritti sostanziali che sarebbero – sottolinea – stravolti se dovessero vincere i sì al referendum del 25 giugno.

Professore, la domanda è netta e irrinunciabile, perché si dovrebbe votare “No” al prossimo referendum?

Innanzitutto perché se dovessero vincere i “Sì” non verrebbe stravolta solo la seconda parte della Carta ma anche la prima che rappresenta una conquista dell’umanità. Fondata su valori irrinunciabili che la stessa Corte costituzionale in una sentenza ha definito intangibili, dato che appartengono al patrimonio dell’umanità. Inoltre, perché sarebbe la prima Costituzione al mondo ad essere modificata e si potrebbe dire in modo gravemente superficiale. Inoltre, per altre profonde ragioni.

Le può elencare?

La Costituzione italiana rappresenta un momento di grande espressione del costituzionalismo internazionale che nasce nel dopoguerra. Questo movimento, questa scelta di una nuova impostazione degli ordinamenti ha segnato la grande conclusione non solo dell’esperienza tragica della seconda guerra mondiale, ma di tre cicli storici che hanno caratterizzato la storia del mondo. Il primo è quello “della guerra”: teorizzato da sempre nella filosofia sin dai tempi di Eraclito, poi da Hegel da Nietzsche, questo arriva fino al culmine della guerra di sterminio. E a questo viene posto fine con le costituzioni nate dopo quella terribile esperienza che si ritrovano nel nostro testo che sancisce il ripudio della guerra.

Il secondo ciclo?

E’ quello “del servo”. Che si fonda su quelle teorizzazioni in base alle quali gli uomini non sono uguali, e che trova consensi fin dalla civiltà greca, e poi via via attraverso la conquista delle Americhe, con la teoria dell’inferiorità degli indigeni, della schiavitù fino all’aberrazione ariana del nazismo. Anche questo arriva alla sua conclusione in un momento in cui l’umanità inorridita proclama l’uguaglianza di tutti gli esseri umani e la inserisce nella Carta delle Nazioni Unite. Per essere dopo trasposto nella nostra Costituzione all’articolo 3. Un’uguaglianza non solo proclamata ma realizzata effettivamente attraverso l’opera della Repubblica che deve rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la realizzazione.

Il terzo ciclo che si chiude è quello del “potere sovrano assoluto” che raggiunge nella modernità la sua formulazione più estrema. Questo potere che è stato sconfitto in quella che è stata la rivoluzione democratica a partire dal ’700 era rimasto in vigore tra i Stati che hanno agito fino all’ultima guerra mondiale in modo incondizionato. L’idea della sovranità era strettamente connessa a quella della guerra che aveva proprio in questo potere il suo fondamento. E’ con le Costituzioni che si afferma il grande principio dei diritti umani fondamentali e si relativizza l’idea della sovranità internazionale negando che gli Stati possano agire indipendentemente e stabilendo appunto la relatività degli Stati alla propria sovranità. Tutto questo viene sancito nella nostra Costituzione con l’articolo 11. La Costituzione rappresenta una grande svolta della storia umana. Non si tratta di una questione privata. Parliamo di conquiste di grande cambiamento della nostra civiltà. E rischiamo di perderle per un disguido.

Perché parla di disguido?

Perché in questa campagna referendaria per una gravissima responsabilità non solo dell’informazione ma anche della classe politica italiana non si è messo abbastanza sull’avviso l’elettorato dei rischi che si corrono. Questo referendum pone il veto su una decisione che pesa sui destini della democrazia senza che i cittadini siano fino in fondo coscienti dell’oggetto della partita in corso. E, aggiungo, una grandissima responsabilità ce l’ha anche la Chiesa. Anche questa polemica così sincrona della fine del cattocomunismo non è casuale.

In che senso?

Chi è interessato a dire che è finito il cattocomunismo intende sostanzialmente affermare che è finito il maggior prodotto di quell’incontro che è stata appunto la Costituzione che rappresenta la deposizione dal trono del sovrano e delle sovranità assolute.

Cosa accadrebbe se dovessero vincere i “Sì”?

Nella migliore delle ipotesi si tornerebbe a un regime fascista, senza contare, e nessuno lo sottolinea, che non si potrebbe rimettere mano neppure a questa legge elettorale. Altro scempio giuridico. In definitiva sarebbe una catastrofe.