Martedì 24 gennaio 2006 presso l’aula magna del rettorato dell’Università La Sapienza si è svolto l’incontro “La Costituzione, il nostro passato, il nostro futuro”, iniziativa proposta da GxC – Giovani per la Costituzione e A.N.P.I., sostenuta da diverse sigle della sinistra, e tra queste Giovani e Comunisti dell’Ernesto.
Tra gli ospiti invitati a parlare Carlo Ghezzi dalla Fondazione Di Vittorio, Furio Colombo dell’”Unità”, il professor Giuliano Vassalli dell’A.N.P.I., il professor Pace, docente di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza de La Sapienza, ma vero mattatore della giornata è stato Oscar Luigi Scalfaro.
L’atmosfera è quella che da sempre emoziona ed esalta i vecchi partigiani e i costituenti, una platea di oltre 1200 ragazzi, pronti a discutere della Costituzione e dei suoi valori.
All’iniziativa hanno infatti partecipato numerose scuole romane, nonché un folto gruppo di studentii universitari.
La giornata è iniziata con un’intervista del direttore della testata politica del Tg3 Dell’Aquila al presidente Scalfaro, un intervento incentrato sullo scontro istituzionale tra Berlusconi e Quirinale sul tema dello scioglimento delle Camere.
Il presidente Scalfaro ha attaccato duramente il capo del governo, accusandolo di aver cambiato più volte le regole del gioco, come logica conseguenza delle modifiche della legge elettorale, già di per sé scandalosa. L’ex-presidente della Repubblica ha ricordato come proprio lui sia stato il padre della par condicio una legge contro i forti, la legge che Berlusconi aborrisce, temendola soprattutto n questo periodo di sovraesposizione mediatica,tentando un colpo di mano per sottrarsi ancora una volta alla legge, “una cosa sporca, non dabbene” che “purtroppo non penso sia l’ultima!”, lanciando un monito per questi ultimi mesi che precedono le elezioni
Dopo la breve premessa sulle ultime scorribande berlusconiane, Scalfaro procede a ruota libera, parla come presidente della Repubblica, parla come Costituente, parla con la rabbia del cittadino umiliato e offeso da tanta arroganza, ma soprattutto parla col cuore; riesce a toccare i ragazzi, anche giovanissimi che si lasciano incantare da quel “dinamico vecchietto” che parla in modo semplice, che rende il diritto costituzionale accessibile a tutti, proprio come era previsto nella mente dei Costituenti.
Scalfaro nel suo lungo intervento avverte dei numerosi pericoli della riforma costituzionale, senza risparmiare critiche al centro-sinistra che nel 2001 ha modificato a colpi di maggioranza il Titolo V della Carta Costituzionale, condannando chiunque metta mano alle norme costituzionali come fossero “leggine” senza pensare che “quando si cambia anche una sola riga, bisogna avere la convinzione che sia nel solo interesse del popolo italiano e non una mera moltiplicazione di poteri”. Democrazia è governo di popolo che deve poter eleggere liberamente il Parlamento, con la nuova riforma si vuole solo rendere il Parlamento schiavo del premier, mero esecutore della sua volontà.
Ampio spazio ha poi riservato alla natura pacifista della Costituzione, ribadendo i fondamenti della Resistenza che hanno ispirato tutti i Costituenti durante la sua redazione, persone che avevano ben impressi nella mente le aberrazioni della guerra e le crudeltà della dittatura fascista:
“Tutta la Costituzione tende alla pace, la guerra porta alla degenerazione assoluta”.
Nel suo lungo, ma appassionato intervento il Presidente Scalfaro non parla come un vecchio saggio, e anzi accusa duramente Berlusconi e la sua maggioranza, i suoi servili alleati e perfino quanti si dicono socialisti mentre sostengono la politica sporca del governo, attacca il presidente del Consiglio che con la sua riforma ha voluto mortificare il Parlamento, defraudandolo dei suoi poteri e relegandolo a servo del premier, cancellando il prestigio del Presidente della Repubblica, umiliando la carica più importante dello Stato, dissolvendo l’unità nazionale per un pugno di voti del nord, un rigurgito di assolutismo; “a distanza di 60 anni un altro uomo vuole diventare padrone assoluto dell’Italia”.
A seguito dell’accalorato discorso di Osar Luigi Scalfaro è intervenuto il professor Pace, docente di diritto costituzionale, che in modo molto semplice e didascalico ha riassunto i termini della riforma costituzionale che ricordiamo va a trasformare ben 53 articoli su 139 della Costituzione, viene modificata la seconda parte, che indirettamente incide non poco sulla prima parte della Carta Costituzionale, quella che riguarda i diritti della persona.
Una riforma scandalosa i cui punti fondamentali sono:
– Premierato forte (più corretto definirlo assoluto), il Parlamento non deve più dare la fiducia al Governo, ma è il premier che pone questione di fiducia sulle proprie proposte e ha il potere di sciogliere le Camere qualora queste si rifiutino di votare secondo le sue indicazioni. Il potere di scioglimento delle Camere viene quindi sottratto al Presidente della Repubblica, organo super partes per essere assegnato al capo della maggioranza. L’unico mezzo per far cadere il Governo è il suicidio del Parlamento, solo la maggioranza può chiedere la sfiducia, (dividendo così in parlamentari di serie A e di serie B, tra quelli della maggioranza e quelli dell’opposizione)decretando però così la sua fine (e la possibilità di un parlamento kamikaze sembra alquanto remota).
– Procedimento legislativo : tre tipi di sottoprocedimenti legislativi. Nelle materie attribuite allo Stato dall’art. 117 co.2 Cost è solo la Camera a poter legiferare, le leggi approvate dalla Camera dei deputati passeranno così al Senato federale, ma qualora questo non approvi, la Camera può approvarle nuovamente,senza rispettare le indicazioni del Senato; stessa cosa avviene al Senato per le materie di competenza esclusiva delle Regioni, con la pericolosa differenza che le materie di competenza regionale sono stabilite dal Senato stesso in palese conflitto d’interessi. Il terzo tipo di procedimento legislativo è quello bicamerale che rimane solo per la modifica della Costituzione e di pochissime altre materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni.
– Senato federale: la cosiddetta “devolution”. Il governo ha voluto dare una svolta federalista, ma si è comportato in questi anni come il più centralista della storia repubblicana e a dimostrarlo è il contenzioso degli ultimi mesi tra lo Stato e gli enti locali
La riforma del Senato in organo federale, elimina quest’ultimo dalla responsabilità politica, infatti non può votare la sfiducia al premier, n quanto rappresentando, in modo non paritario le Regioni (da 1 senatore per la Val d’Aosta fino a 6 per la Lombardia), non è quindi controllabile dal premier, potendo avere una maggioranza diversa da quella del capo del governo.
Come ha detto il professor Pace, “C’è del metodo in questa follia!” citando Polonio dell’Amleto di Shakespeare.
Per indorare la pillola, l’abile piazzista ha aggiunto una serie di norme a carattere plebiscitario e ad impatto mediatico, come la riduzione del numero dei parlamentari.
Il problema di fondo, su cui tutti i costituzionalisti concordano è quello secondo il quale l’ art. 138 della Costituzione (quello che prevede il procedimento di riforma della Carta fondamentale), non consente che vengano cambiati 5-6 punti qualificanti della Costituzione tutti insieme, per fare ciò infatti sarebbe necessaria una nuova Costituente, non essendo possibile un referendum su temi tanto disomogenei, che però saranno decisi con un unico si o no.
L’intervento di Furio Colombo, direttore de L’Unità è stato incentrato sulla figura del premier e sui pericoli, ormai palesi a tutti di una nuova dittatura incentrata sul culto della personalità, dopo aver vissuto in questi cinque anni in una dittatura della maggioranza che ha consentito a personaggi della P2 ad ammonire tutti noi su ciò che è morale e immorale in questo paese, una cosa inaccettabile.
Carlo Ghezzi, presidente della Fondazione Di Vittorio ha portato nel dibattito spunti interessanti sul carattere sociale della Costituzione, sulle sue radici sociali, ribadendo come oggi i sindacati, con la CGIL in prima fila, siano schierati a difesa della Costituzione.
Il presidente della fondazione, che prende il nome dallo storico segretario della CGIL negli 1944-1948 nonché partigiano antifascista e Costituente, Giuseppe Di Vittorio, ha ricordato come il tema del lavoro sia stato ignorato dal governo, ha accusato le diverse forze politiche che nel corso degli anni hanno sempre ritenuto sconfitte le lotte dei lavoratori, una convinzione che ha portato questo ed altri governi a lanciare attacchi ai lavoratori, credendoli ormai annientati definitivamente, scontrandosi invece con la pronta reazione delle classi lavoratrici, che ha portato alle lotte degli ultimi anni compresa quella contro la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Quella a La Sapienza è stata una giornata di lotta, una giornata di Resistenza, oggi resistiamo perché la lotta partigiana è un pilastro della Costituzione e la Costituzione è pace, è libertà, è diritti.
Noi tutti ci auguriamo di avere tra qualche mese un nuovo governo, che garantisca la pace e le libertà, ma ci auguriamo anche che la lotta per la realizzazione della Costituzione formale e materiale continui anche dopo le elezioni e dopo il referendum, per garantire i diritti violati dei, perché vengano assicurati quei diritti negati che sanciscono ogni giorno una violazione della Costituzione, nel campo del lavoro, dello studio, della casa, della dignità della persona.