La cosa rossa incerta al via: siamo «La sinistra l’arcobaleno»

Sembra un simbolo, ma non lo è. Sembra un nome, anzi due nomi, ma forse saranno rivisti anche quelli. Ieri i vertici della Cosa rossa hanno quasi presentato il «tratto grafico» che identificherà il nuovo soggetto politico, di qui ai prossimi mesi, accompagnandolo col nome «La sinistra l’arcobaleno» (senza virgola pare, ma non c’è certezza). Di rosso c’è la S e una delle striscioline che sottolineano i nomi. E per il momento l’unica cosa certa è che il «tratto» sarà presentato all’assemblea di sabato e domenica. Poi, ma forse anche prima, tornerà ad essere argomento di scontri e litigi intemi, tra i Comunisti italiani e i verdi che vogliono trovare il modo di aggiungervi i rispettivi simboli – in piccolo in basso – e Rifondazione che tira perché il giro di boa sia completo e il nuovo «simbolo» sia usato nel maggior numero di competizioni elettorali. Quante e quali? Non si sa, ieri mattina nel vertice che ha salutato il simbolo i litigiosi leader hanno preferito evitare di toccare sia l’argomento legge elettorale, sia il prossimo appuntamento alle provinciali. L’indicazione, al momento, è solo generale: si valuteranno le situazioni locali caso per caso, scegliendo dove presentare una lista unitaria e dove lasciare che i partiti corrano ognun per se in modo da raccogliere il maggior numero di consensi.
Le dichiarazioni ufficiali, ieri mattina, lasciavano trasparire il tiepido entusiasmo dei contendenti. Fabio Mussi, di Sinistra democratica, è uscito dal vertice per primo: «Si chiamerà “la sinistra l’arcobaleno” – dice al termine dell’incontro – e sarà una forza politica radicata nella società italiana ed avrà un peso importante». L’ha seguito Franco Giordano, convinto sostenitore del percorso unitario: «Abbiamo deciso il percorso unitario – sottolinea – è importante accelerare in questa direzione. L’assemblea generale sarà un grande evento e la cosa importante è la pluralità di soggetti che saranno coinvolti, al di là dei partiti». Più acido Oliviero Diliberto che certo ha mal digerito l’intervista rilasciata da Fausto Bertinotti a Repubblica, due giorni fa: «Abbiamo evitato le polemiche – ha osservato il segretario del Pdci – perché vogliamo andare avanti». Il leader del Pdci però ci tiene a ribadire «la vocazione ad essere una forza di governo. Certo – osserva – bisogna vedere quali sono le condizioni per starci ma qualunque forza politica nasce con l’ambizione di governare. Si va all’opposizione se si perde e non se si vince». Il ministro della Ricerca dice di aver parlato a lungo con Fausto Bertinotti e di «condividere con lui il fatto che la sinistra debba essere autonoma. Anche io sono consapevole – prosegue ancora – che il governo è sceso nell’opinione pubblica e che i risultati sono al di sotto delle aspettative». Per il coordinatore di Sd però le diverse anime della sinistra devono «trovare una sintonia Bisogna misurare i giudizi per misurare i passi».
L’attenzione di tutti, in ogni caso, è all’assemblea «fondativa» organizzata per il prossimo fine settimana a Roma. E, manco a dirlo, anche in questo caso il programma è incerto. Il sabato ci saranno otto workshop tematici e la domenica venticinque interventi aperti alle associazioni (Arci, Uds, Libera, Sbilanciamoci) e ai movimenti (No Dal Molin, No Tav, movimenti di genere). Parleranno i quattro leader e sul palco ci sarà Pietro Ingrao. Ma non provate a chiedere l’ordine, la trattativa è aperta pure su questo.