Dei leader della costituenda Cosa Rossa l’unico a essere presente era lui, Franco Giordano, segretario del Prc, che ancora ricordiamo nel «grande strappo» al corteo di Vicenza con la sciarpa arcobaleno. Quella vicenda non ebbe buon seguito. Ma questa volta, sei anni dopo Genova, con l’inciampo sulla commissione d’inchiesta parlamentare e il rischio di vedere appioppare 225 anni a un pugno di manifestanti nel bagaglio, il segretario del Prc prende impegni. Prima di tutto sulla commissione. Sarà anche vero che una parte dei manifestanti se ne frega di un’inchiesta parlamentare, ma se la maggioranza di centrosinistra la porta a casa non si vede quale sia il problema. Giordano, ci punta: «Farebbe bene per produrre finalmente la verità, per dare giustizia a Carlo Giuliani e contemporaneamente farebbe bene per le Forze dell’ordine: punendo i colpevoli, si può finalmente ricostruire un’immagine serena e forte della polizia», dice. Quanto all’ira funesta dei pubblici ministeri genovesi su 25 manifestanti osserva: «E’ totalmente inaccettabile che alla fine a pagare siano solo coloro che sono stati protagonisti del movimento e non chi ha alimentato gii scontri», pur precisando di non aver nulla in contrario – e ci mancherebbe – a che siano colpite le «responsabilità individuali». Stesse parole dai parlamentari dei Verdi, del Prc e del Pdci, orfani dei segretari di partito (Mussi impegnato molto presto in una cena privata, Pecoraro Scanio a Tunisi per impegni istituzionali). Manuela Palermi – senatrice dei Comunisti italiani – anche lei al corteo ribadisce l’importanza di avere una Commissione «per fugare alcune linee d’ombra» e sottolinea di esserci «rimasta male» per il comportamento di «Italia dei Valori e Udeur che si sono schierati con la destra». Sulla stessa linea anche i parlamentari Verdi, come il capogruppo alla Commissione giustizia, Paola Balducci.
Quella ferita sembra essere ormai rimarginata. Anche se l’Italia dei Valori, per bocca dei capigruppo Nello Formisano e Massimo Donadi, insiste a elencare le proprie priorità. Non solo chiedono «una commissione a 360 gradi, che indaghi su manifestanti e polizia», ma vogliono che la commissione «non abbia i poteri giudiziari, poiché sono già in corso i processi».
Intanto, mentre la manifestazione sfila pacifica e numerosa, è proprio il fantasma di una possibile commissione in parlamento a tenere
banco nelle reazioni della destra. «A Genova è andata in scena una vergognosa sfilata contro le forze dell’ordine, voluta dalla sinistra estrema. Non riuscendo a farsi approvare la commissione d’inchiesta in parlamento agitano la piazza per istituire un tribunale giacobino che
vuole mettere ingiustamente alla sbarra polizia e carabinieri. Una commissione che fornirebbe una verità precostituita», salta su la deputata di Forza Italia Isabella Bertolini. Mentre due ex ministri, Roberto Castelli della Lega e Claudio Scajola, Fi, ricordano Genova a modo loro. Il primo, ex Guardasigilli, ripete di «essere stato
nel carcere di Marassi e a Bolzaneto» (ma prima delle violenze contro i manifestanti, of course) e di aver «visto la devastazione nelle
strade». Ma, si rammarica, «in questo paese nessuno vuole la verità, solo la versione della sinistra politically correct». Mentre per il secondo, allora ministro dell’Interno, addirittura «non bisogna riscrivere la storia». Poiché «qualche comportamento scorretto e individuale da
parte della polizia c’è stato ed è stato perseguito». Ma «tutti sanno che sono stati gli estremisti e i no-global a mettere a ferro e fuoco Genova e che la polizia ha cercato di difendere la cittadinanza e il summit».