SINISTRA UNITA Torneranno i gazebo nelle piazze d’Italia, stavolta ad allestirli sarà la Cosa rossa, Sinistra Arcobaleno, che chiamerà gli elettori a pronunciarsi il 23 e il 24 febbraio sul programma elettorale. Ieri sera i quattro leader degli altrettanti partiti che formeranno la nuova sigla di sinistra hanno dato il via definitivo alla lista unica e ad un unico simbolo alle prossime elezioni. «scelta irreversibile», dice il segretario di Rc, Franco Giordano. «ma lanciamo una sfida al Pd», aggiunge Alfonso Pecoraro Scanio, dei Verdi, «chiedendo a Veltroni un incontro programmatico». Se il tentativo fallirà, il candidato premier sarà Fausto Bertinotti. «Il pd è prima partito con Sinistra democratica avrebbe superato i problemi sulla premiership gli squilli di tromba con l’annuncio di andare da solo, poi ha aggiunto la discriminante programmatica. Bene, ora noi andiamo a vedere le carte in tavola». Dunque, Giordano, Pecoraro Scanio, Oliviero Diliberto e Fabio Mussi, sembrano aver superato le divisioni che ancora fino a l’altro ieri lasciavano molti dubbi sull’esito dell’incontro. Qualche nodo da sciogliere ancora resta, e non è detto che siano questioni marginali: dal programma che dovranno siglare al simbolo, su cui la riserva si scioglierà entro le prossime 48 ore, fino al ticket uomo-donna lanciato dal presidente della Camera. «Le modalità sono ancora in discussione», al riguardo, puntualizza Mussi. Quattro simboli sotto un unico simbolo oppure un unico segno grafico a distìnguere la sinistra? Il Pdci vorrebbe la falce e il martello, Sd guarda con perplessità, «evitiamo di fare ca…te», avverte Cesare Salvi, mentre per Pecoraro Scanio si parte «dal simbolo presentato all’Assemblea generale». I sondaggi commissionati hanno evidenziato che ciò che attrae non è tanto il simbolo di ogni partito quanto la parola «sinistra» che farebbe raccogliere a Sinistra arcobaleno oltre il 4% della somma dei voti che i partiti raccolgono separatamente. Il quadro si delineerà soltanto dopo l’incontro con il sindaco di Roma, una scelta, quest’ultima, determinata dalla necessità di fare un ultimo tentativo per cercare di convincere il segretario del Pd «che andare separati vuol dire consegnare il paese al Cavaliere», anche se «è certo fin d’ora che noi non firmeremo i programmi di alcuno – dice Manuela Palermi, del Pdci – perché ne faremo uno nostro che parla alla gente di sinistra». Ma dato «che siamo una forza responsabile – spiega Franco Giordano al termine dell’incontro – siamo determinati a fare una verifica politica-programmatica con il Pd, in maniera stringente perché i tempi sono brevi».
Si pensa comunque alle varie ipotesi su cui lavorare: «Potremmo pensare a un accordo tecnico per il Senato – spiega Gennaro Migliore, capogruppo Rc alla Camera – spiegando in maniera chiara agli elettori che si tratta di un meccanismo per impedisce a Berlusconi di prendere il premio di maggioranza in ogni regione». «Potrebbe verificarsi – aggiunge Palermi – anche una convergenza su alcuni punti del programma con il Pd». «Noi non vogliamo riconsegnare l’Italia a Berlusconi – ragiona il ministro dimissionario dei Verdi – e se il centro sinistra andrà diviso e Berlusconi vince, il Pd se ne assuma la responsabilità». Anche Diliberto propone «una nuova alleanza di centro sinistra», ma se non fosse possible, «andremo da soli».