ROMA. Dall’assemblea della Sinistra-Arcobaleno! arrivano segnali di pace per Prodi: la “cosa”, nata ufficialmente ieri mattina, a Roma, non parla più di crisi a gennaio, ma di “rispetto” degli accordi e dei programmi. Il premier gradisce: «Il dialogo va avanti. Bene cosb.Non si tratta ancora di un partito: probabilmente lo diventerà nei prossimi mesi. Ma ha già un leader in pectore: Niki Vendola, governatore della Puglia. E, ieri ha ritrovato il suo padre nobile: Pietro Ingrao.
In fondo, tra i due, ieri mattina c’è stato un vero e proprio passaggio di consegne. Sul palco stava parlando Vendola, applauditissimo: stava spiegando che «la sinistra non deve essere soltanto un “Bignami” (un riassunto) di ciò che fummo. È doloroso uscire da se stessi: si teme di perdere il proprio patrimonio. Ma oggi è necessario». In quel momento, tra la platea si è alzato un brusio che si è trasformato in un altro applauso: Ingrao, che aveva annunciato di voler disertare la convention, in dissenso sia sui tempi della formazione del nuovo partito, sia sulle critiche che Bertinotti ha mosso a Prodi, ha deciso, alla fine, di essere presente. Vendola gli ha lasciato il posto sul palco. L’anziano leader, sciarpa rossa al collo, bastone e coppola in testa, con voce roca ma ferma ha invitato tutti ad accelerare: «Sono venuto per dirvi una cosa sola: unitevi, unitevi. Dovete fare presto perché lo chiedono le situazioni ed i problemi della gente».
Ma non è stato questo l’unico momento, fuori protocollo, della assemblea costituente della Sinistra Arcobaleno!. Trecento rappresentanti dei comitati “No Dal Molin”, che si battono contro l’ampliamento della base Nato di Vicenza, prima hanno manifestato fuori della Fiera, poi hanno fatto una pacifica irruzione nella sala. Dal palco sono tornati a chiedere un ripensamento al governo e hanno sollecitato le forze di sinistra a farsi portavoce di questa richiesta.
Ma quando i leader dei quattro partiti hanno tracciato le linee guida della nuova formazione, si è capito che i venti di crisi, per Prodi, si sono un po’ affievoliti. Fausto Bertinotti non ha voluto prendere la parola: «È come il primo giorno che si comincia a nuotare: bisogna tuffarsi». Franco Giordano, segretario del Prc, ha spiegato che la verifica di gennaio potrebbe non essere così drammatica come sembrava solo due giorni fa: «Non possiamo accettare che un “voltagabbana” di turno possa contare sempre più di un terzo della coalizione» ha detto. Un po’ più pessimista il leader del Pdci, Oliviero Diliberto: «Prima c’è stato il programma elettorale, poi il conclave di Caserta, poi il dodecalogo: ma non è mai stato fatto nulla. Cosa li facciamo a fare questi vertici se sono inutili?» Il partito, quando e se ci sarà, secondo Pecoraro Scanio potrebbe puntare al 15% dei consensi e, magari, presentarsi già alle prossime europee. Intanto la “cosa arcobaleno” ha una sua carta costitutiva: «uguaglianza, giustizia, libertà, pace, dialogo di civiltà, valore del lavoro e del sapere, laicità dello stato». L’inno? Ieri, è stata intonata “Bella Ciao”. Ma i Verdi, non l’hanno cantata.