Nell’attesa che si pronunci il capo dello Stato sull’esito delle consultazioni, la Cosa rossa già si prepara alle elezioni anticipate. Modulo di gioco: a quattro gambe (Sd, Verdi, Prc, Pdci), almeno per ora. Simbolo: quello senza falce e martello che, dopo essere stato derubricato a «segno grafico» per mesi, è ora prossimo all’ufficialità (con più di una resistenza da parte del Pdci). E parte pure la ricerca del candidato premier.
I movimenti pre-elettorali ruotano tutti attorno alle implicazioni della corsa solitaria annunciata da Veltroni. La posizione di Rifondazione è speculare a quella del Pd, con cui si sta consumando, in queste ore, una separazione consensuale: nessun accordo né programmatico né di coalizione, ma solo qualche forma di intesa (se possibile) per limitare i danni. Dice il capogruppo al Senato Russo Spena: «Siamo pronti ad andare da soli con la sinistra unita anche se questa legge elettorale obbligherebbe a fare coalizioni. Ciò non toglie che, dopo le elezioni, si possano fare accordi su alcuni punti programmatici in Parlamento».
Il “balliamo da soli” di Rifondazione, dicono a via del Policlinico, ha comunque un carattere strategico. È il punto di arrivo del dialogo tra Bertinotti e Veltroni che mirava – seppur con una nuova legge elettorale – proprio a dividere i propri destini. Con l’obiettivo, per il Prc, di uscire dal bipolarismo coatto e riacquistare margini di manovra, anche (e soprattutto) in caso di opposizione. Ora però, tecnicamente, il quadro si complica. La separazione politica avviene infatti con in campo una legge pensata su misura per agevolare le coalizioni. In ogni caso, dicono a Rifondazione, bisogna fare di necessità virtù e tentare la corsa solitaria. A testimoniare come il Prc si stia attrezzando davvero, è partito anche il totopremier, ovvero la ricerca di colui che dovrebbe avere il difficile compito di fronteggiare Veltroni e Berlusconi. Il candidato naturale, Fausto Bertinotti (per ora) non si è pronunciato e i suoi (per ora) neanche ne parlano. Circola l’ipotesi, assai gradita ai Verdi e a una parte di Rifondazione, del costituzionalista Stefano Rodotà: una figura di alto profilo, e fuori dai partiti, che darebbe il senso della novità. Ma siamo ancora nel campo delle possibilità.
Sul fronte interno, il “partito dell’andiamo da soli” rimette assieme componenti che hanno vissuto negli ultimi tempi più di qualche tensione: i bertinottiani puri (con la subordinata: purché si faccia la Cosa rossa) e le aree più malpanciste, come quella di Ferrero (con la subordinata: è indifferente se si faccia o meno la Cosa rossa). Ed è proprio sul soggetto «unitario e plurale» che la partita elettorale porta ad una accelerazione, costringendo, di fatto, i partiti a presentare liste comuni, pur senza sciogliersi. Su questo punto i rapporti con Diliberto, che alla falce e martello proprio non vuole rinunciare, registrano i minimi storici.
Eppure, nelle pieghe dei dettagli tecnici, si annida qualche problema politico. In queste ore il dossier Porcellum, nella parte che riguarda il capitolo alleanze, è aperto su tutti i tavoli della Cosa rossa. Col Porcellum, infatti, non è possibile fare accordi in singole regioni, dicono a Rifondazione. E non è neppure possibile, se si corre da soli alla Camera, andare in coalizione al Senato. Tradotto: se si presenta un candidato premier alla Camera è obbligatorio presentarlo anche al Senato. Soluzione? L’unica forma di accordo possibile è la desistenza. Dice Russo Spena: «La desistenza non contribuisce alla chiarezza delle posizioni. Ma una formula per evitare lo sfondamento delle destre al Senato va trovata».
E gli alleati? I Verdi, nella direzione svoltasi lo scorso fine settimana, hanno rotto ogni indugio sulla Sinistra arcobaleno, ma hanno pure ribadito che il nuovo soggetto, per loro, dovrebbe essere alleato col Pd. Sostiene Paolo Cento: «Dobbiamo lavorare per una nuova alleanza che sia diversa dalla vecchia Unione. Penso a una coalizione che tenga assieme tre soggetti: il Pd, l’area laica e socialista e la sinistra arcobaleno». Anche per Sd un accordo col Pd è più che auspicabile, ma l’asse tra Mussi e Giordano, dicono gli ex ds, reggerà qualunque sia lo scenario. Afferma Carlo Leoni: «Un nuovo centrosinistra si può fare solo se c’è una convergenza programmatica tra Pd e Sinistra arcobaleno». Per ora ognuno corre da solo.