La classe sale in cattedra

Grande assente dal dibattito elettorale – così come parecchie altre questioni rilevanti per la vita del paese – la scuola è stata in compenso uno dei settori più drasticamente bistrattati nei cinque anni del governo Berlusconi. A consuntivo dei misfatti perpetrati per iniziativa del centrodestra, e a titolo di promemoria per riprendere una strada credibilmente riformatrice, esce un libro che ha già in partenza il merito di sollecitare pubblica attenzione per un settore tanto riconosciuto come cruciale nel luogo comune quanto marginalizzato in modo evidente nella realtà dei fatti. Prima di tutto, la scuola (Melampo editore, pp. 180, 12) è un lavoro scritto a quattro mani da Chiara Acciarini a Alba Sasso, entrambe parlamentari Ds nella legislatura che si è appena conclusa ed entrambe da sempre legate al mondo della scuola, nel quale hanno vissuto e lavorato a lungo.
Colpisce innanzitutto in questo libro il desiderio di «tornare al punto» che si fa sentire in ogni pagina. La volontà, cioè, di riaffermare il senso vero che formazione e istruzione devono mantenere in un progetto riformatore, sia come mezzi per costruire la cittadinanza in una democrazia sostanziale che come strumenti per contrastare la regressione economica e culturale che affligge il nostro paese. Senza più nulla concedere alle tonnellate di sciocchezze aziendaliste che ci è toccato sentire negli ultimi decenni, anche da sinistra, a proposito di riforma dell’istruzione e senza lasciarsi in alcun modo intimidire dagli espedienti linguistici che nella modernizzazione del gergo «tecnico» hanno trovato il modo per tornare a spacciare contenuti vecchi e vecchissimi.
Non ci troviamo comunque di fronte a un manifesto politico che si limiti a ribadire principi e propositi, per quanto condivisibili e di buon senso. Il libro è al contrario un manuale pieno di fatti e di cifre che analizza criticamente e con puntiglio quantità e qualità del nostro sistema di istruzione, segnalando i molti punti di sofferenza che si sono accumulati nel tempo ma offrendo al tempo stesso una prospettiva equilibrata e non catastrofica sulla realtà. Nell’evidente convinzione che la scuola italiana sia stata negli scorsi decenni e continui a essere oggi un elemento fondamentale di trasformazione positiva della nostra società. E che non si tratti quindi di partire da zero, ma di valorizzare e potenziare adeguatamente un patrimonio di saperi e pratiche che già esiste, malgrado i tentativi di smantellamento cui è andato incontro in anni recenti.
Il ruolo della scuola come fattore di cambiamento è sottolineato nel primo capitolo, che sintetizza un secolo di riforme e controriforme da cui emerge, a partire dal secondo dopoguerra, la fortissima spinta all’acculturazione delle nuove generazioni (testimoniata dai numeri) secondo uno schema che solo in parte corrisponde alle esigenze immediate di un capitalismo più avanzato e in buona misura cerca di realizzare i presupposti della cittadinanza enunciati nella costituzione repubblicana. Attraverso pietre miliari come l’istituzione della scuola media unica si arriva alla stagione del Sessantotto e dintorni da cui si procede ulteriormente in avanti fino a quando il riformismo (pratico e teorico) si inceppa nella tenaglia di ridefiniti rapporti di forza sociali e di persistenti immobilismi burocratici.
Poi, a partire dagli anni ’90, la rotta si inverte. Al centro della scena si insediano a scapito di tutto il resto le supposte esigenze dell’economia o le tendenze a indebolire la scuola pubblica rafforzando per converso, con generose iniezioni di denaro pubblico, quella privata.
Già il centrosinistra al governo tra il ’96 e il 2001 si mostra sensibile a queste logiche, ma il loro vero trionfo è costituito dalla controriforma Moratti, che è poi il principale obiettivo polemico di questo libro. Con questa innovazione all’indietro si torna a una visione classista dell’istruzione e all’idea di una pedagogia morale decisa dall’alto, mentre si chiarisce che il traguardo è un’americanizzazione del sistema e un indebolimento della scuola pubblica come luogo di formazione di cittadini dotati di pari diritti e opportunità.
I possibili effetti della riforma berlusconiana si chiariscono nei capitoli successivi, che offrono una fotografia puntuale della scuola italiana a partire dai numeri, con ampio ricorso a studi qualitativi e a comparazioni con altri paesi tratti da ricerche internazionali.
Tutto questo apparato aiuta con dati aggiornati a capire quale sia la preparazione di studenti e insegnanti e quali possibilità abbia il nostro sistema di istruzione di progredire (o regredire) nel contesto globale. Nella dichiarata speranza di poter cambiare strada al più presto, ricominciando a investire sulla scuola e su chi la fa e ponendosi obiettivi più avanzati, come quello di una formazione permanente che tenga conto delle esigenze di tutte le generazioni.
Tra i primi cambiamenti da realizzare, oltre a quello indispensabile di mettere a disposizione adeguate risorse materiali anziché sottrarne come è avvenuto negli ultimi anni, il saggio segnala la necessità di tornare all’ascolto e al confronto con la scuola reale e con le sue esigenze. Anche in questo caso si tratta di fare semplicemente il contrario di quanto ha fatto il ministro Moratti, che nella scoperta intenzione di restaurare il principio di gerarchia ha calato dall’alto la sua controriforma.