Esostrategia. Il programma spaziale di Pechino è molto più ambizioso di quanto le cronache lascino intendere. Il suo scopo è quello di conquistare nel futuro una capacità militare extraterrestre che possa contrastare quella americana. Gli analisti cinesi hanno studiato a fondo, fin dal 1991, le nuove tecnologie belliche. E hanno colto che il sistema di superiorità statunitense, un sorta di “occhio di Dio”, è appeso ai sistemi orbitanti: satelliti che forniscono in tempo reale dati di posizionamento, di osservazione remota, anche se ci sono nuvole sopra un teatro (sensori Sar), per le comunicazioni… Sotto questo ombrello tutti i pezzi diversi di un apparato militare – dal fante al carro, dal bombardiere alla nave – possono essere collegati e gestiti in modo integrato. E da tempo hanno concluso che senza una tale capacità di “netcentric warfare” il loro arsenale, comunque modernizzato, sarebbe inutile contro gli Usa. Questo, intanto, serve a correggere le sensazioni di coloro che sottovalutano l’attivismo spaziale cinese per la sua arretratezza corrente o lo riducono ad azione propagandistica. Che vi sia anche la seconda finalità negli intenti di Pechino non c’è dubbio. Il consenso interno e la coesione sociale dipenderanno sempre più dal nazionalismo, e quindi dai simbolismi di potenza: Olimpiadi, orgogli architettonici e, appunto, spazio. Ma l’elemento strategico/militare prevale. E il fatto che la tecnologia astronautica cinese non sia ancora comparabile a quella americana non deve sviare. Infatti la seconda è rimasta ferma agli anni 80 mentre la prima in pochi anni è arrivata da zero agli anni 70. Quindi il gap, se proiettato, è molto minore di quanto sembri. Eventualità temuta dagli scenaristi americani fin dalla metà degli anni 90 (Net Assessment, Pentagono) che prevedevano una capacità cinese simile a quella Usa attorno al 2020. I dati recenti danno loro ragione. Con un particolare piccante. Gli americani sono in enorme ritardo nel rimpiazzare l’ormai obsoleta flotta degli Shuttle. I cinesi non ne hanno ancora uno, ma potranno investire molto sulle astronavi di nuova generazione. Situazione che potrebbe annullare il gap nel 2015. Resterà più marcato sul piano delle componenti raffinate che servono per vincere le battaglie spaziali, ma non a lungo se l’America non rilancia. Il punto: la scala prospettica del competitore cinese richiede una convergenza euroamericana (con Russia, India e Giappone) per superarla e ottenere la supremazia nell’orbita e nel cosmo circostante. Se ciò non avvenisse, gli Usa, ormai troppo piccoli se soli, rischierebbero di perdere l’esogara.