La Cina, gli Usa e i social network spioni

Internet è l´arma segreta della Cia per estendere l´egemonia americana sul mondo nel nuovo millennio. Per giorni questo è stato lo slogan della propaganda cinese dopo la ribellione di Google alla censura. Un documento riservato, pubblicato sul sito in inglese del quotidiano governativo China Daily e presto rimosso, ha rivelato però ieri le prove in possesso del governo di Pechino. Diffuso sotto forma di articolo, il rapporto interno ripercorre le tappe dell´uso strategico di Internet da parte dell´intelligence Usa, dimostrando la tesi di «un´offensiva online tesa a destabilizzare le nazioni che resistono agli interessi atlantici». Vengono citate date, luoghi, ordini di Pentagono e Casa Bianca, missioni segrete portate a termine grazie al web, numeri e profili «dell´esercito degli 80 mila hacker dispiegati dagli Stati Uniti negli ultimi 13 anni per vincere la guerra cybernetica». Gli esperti ritengono che la mossa cinese sia una messaggio diretto a Obama, per dimostrare il proprio livello di penetrazione ai massimi livelli dell´amministrazione e dell´esercito americani. Un modo per avvertire di essere in possesso di altre informazioni sensibili, pronte a essere divulgate, o utilizzate, nel caso non venga sospesa la pressione contro Pechino. La nota cita le ragioni riservate con cui la Cia, nel 2005, ha chiesto alla Casa Bianca di non affidare alle Nazioni Unite l´amministrazione di Internet, per non perderne il controllo. Rivela la collaborazione dei servizi Usa nell´ideazione del programma che consente di intercettare le comunicazioni online. «L´11 gennaio 2006 – si legge – la Cia ha fondato poi l´istituto per l´intercettazione delle informazioni provenienti da Paesi stranieri». Uno strumento, secondo il rapporto cinese, che ha permesso di violare i piani degli esperimenti nucleari in Iran, «costruendo tre librerie per memorizzare le notizie online intercettate dagli hacker-spia». Barack Obama cammina sulla grande muraglia cinese Twitter. Grazie a Internet la Cia avrebbe però anche organizzato le «rivoluzioni a colori» in Georgia, Ucraina, Bielorussia e Asia centrale. Ma anche i tentativi di rivoluzione in Moldavia e Iran sarebbero stati «innescati da Twitter e YouTube, i social network americani finanziati dei servizi segreti Usa». Il 15 giugno 2009, cita sempre il rapporto cinese, la Casa Bianca avrebbe addirittura chiesto a Twitter «di rinviare la manutenzione ordinaria perché Teheran è in un momento decisivo». Le spie di Pechino ritengono che gli Stati Uniti «abbiano ormai scelto di affermare gli affari delle grandi corporation e la propria influenza globale attraverso Internet, ormai più efficace rispetto all´invio o al reclutamento di agenti all´estero». Anche il sito Wahze Online coprirebbe una missione segreta Usa per istigare scontri etnici in Tibet e sempre la Rete, l´anno scorso, sarebbe servita alla Cia per montare la rivolta degli uiguri nello Xinijang. La prima “forza coperta” di hacker americani sarebbe stata varata da Bush nel 2002, mentre Obama avrebbe varato lo United States Cyber Command «dotandolo di 2 mila virus per attacchi informatici». E´ un teorema impressionante, ricco di rapporti riservati citati tra virgolette mescolati con particolari apparentemente privi di significato. Ma il senso è chiaro: la Cina ha deciso di raccogliere la sfida della prima guerra di Internet dichiarata dagli Usa.