Washington non permetterà a nessuno di processare i propri agenti segreti, anche se questi si sono resi protagonisti di azioni illegali come il sequestro di persona in paesi che pure sono considerati alleati. A dirlo chiaro e tondo, mettendo fine alle speranze della procura di Milano di poter processare i 26 agenti della Cia coinvolti nel rapimento dell’ex imam Abu Omar, è stato ieri John Bellinger, consulente legale del segretario di Stato Condoleeza Rice. «Non abbiamo ricevuto nessuna richiesta di estradizione dall’Italia – ha detto Bellinger parlando a Bruxelles – ma anche se dovessimo riceverla non accorderemo l’estradizione in Italia per i nostri funzionari».
Parole che tradiscono il risentimento con cui oltreoceano vengono viste le azioni giudiziarie intraprese nei confronti dei propri agenti non solo dalla procura milanese, ma anche dagli altri paesi, come Germania e Spagna, coinvolti nelle attività illegali della Cia in Europa. Azioni, ha voluto specificare Bellinger con tono minaccioso, che «non contribuicono alla necesaria cooperazione tra Stati uniti e Europa». Dietro tanta durezza di liguaggio, non ci sono comunque solo i procedimenti avviati contro gli 007 di Washington. All’amministrazione Bush non è infatti piaciuto il recente rapporto con cui Bruxelles ha condannato le azioni della Cia in Europa, allargando così la frattura tra i due modi diversi in cui Unione europea e Stati uniti intendono la lotta al terrorismo.
Nonostante le insistenza del pubblici ministeri Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, sembra ormai scontato che l’8 giugno prossimo, quando nel palazzo di giustizia di Milano prenderà il via il processo per il sequestro Abu Omar, gli agenti della Cia indagati non siederanno sul banco degli imputati. Per il rapimento dell’ex imam di Milano, prelevato il 17 febbraio del 2002 da un commando mentre camminava per le strade di Milano, sono già stati rinviati a giudizio l’ex direttore del Sismi Niccolò Pollari, il suo braccio destro Marco Mancini e altri quattro funzionari del servizio segreto militare. Ma l’inchiesta condotta dai due pm milanesi ha anche portato alla luce il ruolo svolto nel sequestro da un nutrito gruppo di agenti della Cia, a partire dall’ex capocentro del servizio americano a Milano, Robert Seldon Lady, e del responsabile della Cia in Italia Jeff Castelli. In tutto 26 agenti rinviati a giudizio lo scorso 16 febbraio dal Gup di Milano Antonella Interlandi e che la procura milanese vorrebbe tanto interrogare in un’aula di tribunale. Tanto da aver inutilmente e più volte sollecitato sia il precedente governo Berlusconi, che l’attuale esecutivo guidato da Romano Prodi, a chiederne l’estradizione. «Non la concederemo mai», ha chiarito ieri Bellinger, evidentemente aiutato anche dal silenzio del governo italiano.
Ma la polemica avviata dal funzionario del Dipartimento di stato Usa è andata oltre le inizitive dei giuridci. Bellinger, infatti, ha scelto di prendere di petto tutti i punti di frizione che la lotta al terrorismo ha sollevato tra Usa e Europa. A partire proprio dalle conclusioni raggiunte dal rapporto dell’Europarlamento, definito da Bellinger come «squilibrato, inaccurato e iniquo», per sostenere, sorvolendo sulla possibile esistenza di prigioni segrete della Cia in Romania e Bulgaria, che molte delle accuse rivolte alla Cia sarebbero «solo delle voci». E, infine, Guantanamo, per il quale Bellinger ha accusato l’Ue di ipocrisia, visto che ne chiede la chiusra ma non è disposta ad accoglere i detenuti che vi sono rinchiusi: «L’Europa è stata pornta a criticare – ha detto i consigliere della Rice – ma non è stata pronta a fare proposte ceoncrete».
Secco il commento di Pomarici alle parole di Bellinger: «Esiste un accordo italo-americano che, evidentemente, dicono di non voler onorare. Non si tratta però di una valutazione giuridica, bensì squisitamente politica e, in quanto tale, non mi compete». ha detto il procuratore aggiunto di Milano. Cauto il giudizio espresso dal vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini. «Ne predo atto», ha detto Frattini: «La richiesta di estradizione è un atto politico che implica una valutazione politica, non esclusivamente giuridica, quindi rispetto l’atteggiamento del ministro Mastella, e certamente non mi viene in mente di interferire nelle decisioni del ministro Mastella né del presidente Prodi».
Intanto sia Pomarici che Spataro rischiano di ritrovarsi a loro volta sul banco degli imputati. In un articolo pubblicato ieri dal Washington Post, David Rivkin e Lee Casey, due legali che in passato hanno lavorato per la Casa Bianca, hanno proposto al Congresso Usa di varare una legge che permetta di incriminare chi, come i due magistrati milanesi, indaga sui funzionari americani.