«Il lavoro nero è una grave piaga italiana. Il nuovo decreto flussi permette di far emergere una fetta importante del sommerso: secondo i nostri calcoli verrà alla luce l’equivalente dell’1% del prodotto interno lordo. Le polemiche della destra sono strumentali, mettono in mezzo la paura del “clandestino”, dell'”invasione”, ma non c’è nessuna invasione e i clandestini che saranno regolarizzati sono persone in carne e ossa, che lavorano nel nostro paese e che chiedono di poterlo fare in modo legale». Piero Soldini è il responsabile immigrazione della Cgil, il suo è uno sguardo che viene dal mondo del lavoro. Quando si parla di immigrati si dice sempre che ne abbiamo bisogno per il nostro mercato del lavoro. Un vestito che sta stretto alle molteplici traiettorie dell’esperienza migrante, ma che oltretutto viene utilizzato a seconda delle «stagioni»: se il governo si limita a prevedere la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per i 350 mila lavoratori che ne hanno fatto richiesta, rispettando pedissequamente le regole della Bossi-Fini, ecco che si scatena il putiferio. «Incauta decisione» (Pisanu, Forza Italia), «E’ lo tsunami della clandestinità» (Landi, An).
Soldini, non è che a qualcuno fa comodo avere dei clandestini in Italia?
La nostra percezione è proprio questa. E non è un caso che quando abbiamo partecipato all’audizione del tavolo tecnico che ha preparato il decreto, i sindacati e le associazioni avevano dato parere negativo alla proposta di prevedere una data di scadenza. Cosa che invece è stata fatta: saranno considerate «valide» solo le domande presentate entro il 21 luglio. Soltanto Confindustria, in quella sede, ha mostrato qualche preoccupazione, sostenendo che senza una data di scadenza si sarebbe potuta ingenerare un’entrata di immigrati irregolari. Così facendo, però, si lascia aperta una valvola alla clandestinità. E’ come se si volesse sempre avere una percentuale di clandestini da cui pescare, e avere una chiave per deteriminare un dumping sociale dal punto di vista del costo del lavoro e della sicurezza.
E a proposito di sicurezza, le ultime notizie sono allarmanti: il ragazzo rumeno morto nel cantiere di Terracina, le bande di caporali che taglieggiano i lavoratori immigrati…
Abbiamo sempre detto che il fenomeno dell’irregolarità è una piaga del mercato del lavoro. Il provvedimento del governo è un primo passo nella direzione giusta, ma ovviamente occorrono politiche complessive che aggrediscano il lavoro nero. E per quanto riguarda il nuovo decreto flussi, chi lo critica dovrebbe pensare che potrebbe essere una parte della manovra finanziaria.
In che senso?
Forse non ce ne rendiamo conto, ma permettere l’emersione di 350 mila lavoratori immigrati significa portare alla luce, secondo i nostri calcoli, l’1% del prodototto interno lordo. Insomma, un pezzo importante della manovra economica per il risanamento, una cosa che fa bene alla nostra economia, oltre che un atto di giustizia nei confronti di questi lavoratori.
Poi ci sono quelli che al decreto flussi neanche possono partecipare..
Su questo punto non si può nascondere la testa sotto la sabbia: calcoliamo che siano 200 mila le persone irregolari che non sono in condizione di regolarizzarsi. Perché hanno avuto un’espulsione o perché hanno commesso qualche reato, che hanno pagato, ma che secondo la legge rappresenta un’ostacolo alla regolarizzazione. Sono le «vittime» della Bossi-Fini: bisogna pensare a un meccanismo che possa sanare la loro situazione.
Il ministro Amato e il ministro Ferrero hanno detto che la legge Bossi-Fini va riscritta. Presenterete una vostra proposta al governo?
Chiediamo qualcosa in più: una Conferenza nazionale sull’immigrazione, come quella che fu messa in piedi nel ’90, per preparare la legge Martelli. Non una passarella, ma un confrotno aperto, democratico, partecipato, in cui tutti i soggetti possano giocare il proprio ruolo agevolando il lavoro del Parlamento.