La bozza Veltroni spacca l’Unione

La proposta di legge elettorale firmata Walter Veltroni sembra già finita su un binario morto, considerata irricevibile dal centrodestra e da quasi tutti gli alleati del centrosinistra. Alcuni dei quali (Udeur e Pdci) ora chiedono che sia Prodi a farsi carico di trovare una soluzione comune nella maggioranza. E infatti il ministro per le Riforme, Vannino Chiti, assicura che dopo il passaggio della Finanziaria al Senato, si rimetterà al lavoro «Ma il governo -spiega Chiti – non vuole intestarsi una proposta: favorirà in Parlamento la ricerca di una strada condivisa. La decisione di Veltroni di togliere dal tavolo il grosso ostacolo rappresentato dal premio di maggioranza è un passo in avanti, anche se ci sono divergenze da chiarire».
La reazione negativa della maggioranza viene definita «poco saggia» da Goffredo Bet-tini, uno dei principali collaboratori di Veltroni, che invita i partiti minori a uno «sforzo costruttivo e non distruttivo». Ma la principale preoccupazione dei partiti minori è che il mix spagnolo-tedesco minacci la loro sopravvivenza messa a rischio sia con lo sbarramento palese del 5% sia con quello «occulto» che arriverebbe fino all’8-10%. Ieri, durante la riunione dei capigruppo dell’Unione sul decreto fiscale, c’è stata la sollevazione dei «piccoli». «Attenti – ha detto il capogruppo del Pdci, Pino Sgobio, rivolto verso Chiti – le tensioni sulla legge elettorale avranno delle conseguenze sulla Finanziaria. Non ci stiamo a fare la stampella di una maggioranza che vuole cancellarci». Tra l’altro, Verdi, Comunisti italiani e Sinistra democratica hanno l’impressione che Fausto Bertinotti stia trattando con Veltroni un sistema che li costringa a fare la Cosa rossa non per scelta politica, ma per superare lo sbarramento. «Ci vogliono puntare una pistola alla tempia», sostiene Marco Rizzo. Ma anche dentro Rifondazione c’è chi frena le aperture che erano state fatte dopo l’incontro tra Veltroni e Bertinotti. «Abbiamo fatto due conti – osserva Giovanni Russo Spena – e ci siamo resi conto che quella proposta è fatta su misura del Pd. Dobbiamo avvicinarci il più possibile al modello tedesco. Mi sembra che nemmeno dall’altra parte siano d’accordo: l’Udc non ci sta».
A ribellarsi sono un po’ tutti nell’Unione. Per Mastella «se va avanti la proposta dei furbetti del quartierino, salta tutto». E il suo capogruppo alla Camera Mauro Fabris consiglia alla maggioranza di definire in fretta una posizione comune. In fibrillazione anche la Sinistra democratica. Veltroni è come Putin, afferma Cesare Salvi: «C’è un eccesso di furbizia e di ingordigia del Pd: Veltroni e i suoi tecnici pensano di avere a che fare con degli stupidi che non sanno cosa si nasconde dietro i marchingegni elettorali? La proposta prevede una soglia di sbarramento dell’8 per cento, che non esiste in nessun paese dell’Unione europea (esiste invece nella Russia di Putin)». Pollice verso pure da parte di Gavino Angius, convinto che lo scopo di occultare una soglia di sbarramento del 10% è quello di rendere il Pd «dominus» del centrosinistra.
Veltroni però non demorde. Oggi, ricomincia il suo giro di consultazioni con gli alleati minori (è previsto l’incontro con Pecoraro Scanio). Ma sarà dura. Per non parlare poi dei problemi che ha ad aprire un varco nell’opposizione. Berlusconi rimane sull’Aventino. Casini ha già rimandato al mittente la proposta. Porta chiusa dal presidente dei senatori di An, Altero Matteoli: «Veltroni rischia di fare una brutta figura. Per noi la sua proposta non è mai nata. Credo che non se ne farà nulla e si andrà al referendum».