La Banca centrale europea continua a stringere progressivamente i cordoni della politica monetaria. Come era nelle attese, ieri il consiglio direttivo della Bce ha deciso l’aumento di un quarto di punto del tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, portandolo al 3.25%. Di analogo ammontare è l’incremento per gli altri tassi di riferimento utilizzati dalla Bce: il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali, portato al 4.25%, e il tasso sui depositi presso la banca centrale, portato al 2.25%.
La manovra, che avrà effetto a partire dal prossimo 11 ottobre, si traduce dunque nel quinto rialzo consecutivo dei tassi di interesse. La serie degli aumenti, tutti di entità pari a 0.25 punti percentuali, è cominciata a dicembre dello scorso anno ed è continuata a marzo, giugno e agosto di quest’anno. Per ritrovare il livello attuale dei tassi occorre tornare indietro al novembre 2001, a pochi mesi prima dunque dell’entrata in vigore della moneta unica.
Nella conferenza stampa che ha accompagnato l’annuncio della manovra, il governatore della Bce, Jean-Claude Trichet, ha snocciolato il solito rosario delle giustificazioni della nuova stretta: l’economia va bene, l’inflazione però è un pericolo costante, la circolazione monetaria aumenta e, anche se rialziamo i tassi, bisogna rispettare il patto di stabilità, contenere il deficit pubblico e riformare pensioni, lavoro e sanità.
L’economia europea, dice Trichet, ha «significativamente accelerato la sua espansione negli ultimi trimestri », «il tasso di disoccupazione è in discesa», «la crescita occupazionale è in ripresa», «le aspettative sono favorevoli», «la crescita economica continuerà robusta, al più con qualche pausa». L’economia europea tira e perciò, secondo Trichet, la crescita dei tassi di interesse non fa danni e serve a tenerla sotto controllo. Ma l’economia della zona euro tira davvero? Gli ultimi dati sulle vendite al dettaglio, diffusi l’altroieri da Eurostat, parlano di una crescita tendenziale del 2.4%, ma al lordo dell’aumento dei prezzi. Il tasso di disoccupazione ad agosto è risultato pari al 7.9%, ed è fermo da aprile. La produzione industriale a luglio ha rallentato la sua crescita.
Non poteva mancare nel rituale delle spiegazioni quella che è la vera ossessione della Bce: il controllo delle spinte inflazionistiche. L’argomento appare per la verità un po’ spuntato. La stima preliminare diffusa venerdì scorso da Eurostat parla di un tasso di inflazione crollato a settembre all’1.8% nella media dell’area euro, ben mezzo punto in meno rispetto al 2.3% di agosto. La recente riduzione nel prezzo del petrolio e l’avvio del rientro dei prezzi dei carburanti sembrano dunque smentire i timori di un imminente il pericolo di una spirale inflazionistica legata alle quotazioni del greggio. Calmatesi queste, emerge invece una quasi deflazione. In attesa di conoscere a metà mese maggiori dettagli sulla recente dinamica dei prezzi, Trichet non perde comunque l’occasione per mettere in guardia contro una probabile crescita dell’inflazione «verso la fine dell’anno e all’inizio del 2007»: la solita premessa per arrivare al solito invito alla moderazione rivolto alle parti sociali e cioè ai sindacati.
Senz’altro più interessante è invece il riferimento del governatore alla crescita molto sostenuta della massae monetaria e in particolare alla rapida espansione del credito. In effetti, secondo i dati diffusi la scorsa settimana dalla stessa Bce, i prestiti al settore privato sono infatti cresciuti ad agosto di oltre l’11% su base annua, e viaggiano a questo ritmo da alcuni mesi. Un anno fa la crescita era sì sostenuta, ma era di poco superiore all’8%. Cresce molto il credito alle imprese (+12%) ma cresce molto anche quello alle famiglie. L’ammontare dei mutui per l’acquisto di abitazioni è aumentato dell’11% mentre il credito al consumo di oltre l’8%: le due tipologie di prestiti alle famiglie hanno continuato ad accelerare nell’ultimo anno. Crescono i crediti delle banche e dunque crescono i debiti delle imprese e, soprattutto, delle famiglie. Si tratta senz’altro di un ottimo motivo per aumentare i tassi di interesse. Le banche non si lamenteranno.
La parte finale dell’intervento del governatore della Bce è dedicata, dulcis in fundo, alle questioni dei deficit e degli indebitamenti dei paesi membri. Siccome il contesto economico è favorevole, afferma Trichet, «gli obiettivi di bilancio per il 2007 dovranno essere più ambiziosi di quelli inizialmente previsti», e dovranno essere ottenuti anzitutto controllando la spesa. Ovviamente, la chiosa finale è dedicata alle «necessarie riforme strutturali»: pensioni, sistema sanitario, mercato del lavoro e concorrenza. Mancano invece riferimenti, o anche solo accenni, alla quantificazione dell’aggravio per i conti pubblici delle maggiori spese per interessi sui titoli del debito pubblico.