La battaglia per l’Ucraina contro l’egemonia USA

“LA BATTAGLIA PER L’UCRAINA E’ FONDAMENTALE PER L’OPPOSIZIONE ALL’EGEMONIA MONDIALE DEGLI USA”

Intervista di Mikhail Trofimov a Selimkhan Mutzoyev

dal sito: www.uralpolit.ru

Selimkhan Mutzoyev è una personalità di un certo rilievo politico in Russia. Esponente del partito di Putin, “Russia Unitaria”, è vicepresidente della commissione per gli affari internazionali della Duma di Stato.
Per questa ragione, il contenuto dell’intervista, di cui proponiamo la traduzione integrale, assume un’ importanza estremamente significativa e testimonia ampiamente dell’attuale stato di profonda crisi delle relazioni tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti.
M.G.

29.11.04

Gli USA intendono estromettere la Russia dallo spazio postsovietico, creando il caos permanente nelle repubbliche dell’ex URSS. Di questo e di come gli avvenimenti in Ucraina possono riflettersi nella politica interna russa, parla nella sua intervista a “UralPolit.Ru” il vicepresidente della Commissione della Duma di Stato per gli affari internazionali, deputato della regione di Sverdlovsk, Selimkhan Mutzoyev,

D. Selimkhan Alikoevic, davvero gli USA perseguono questo obiettivo, e per quali ragioni?

R. Si, sono convinto di questo. E’ già andata così in Georgia. L’arma utilizzata dagli USA per adempiere ai compiti prestabiliti è l’organizzazione di rivoluzioni attraverso azioni “non violente”. Per la prima volta gli americani hanno adottato questo metodo nei paesi africani e dell’America Latina, In seguito una serie di “rivoluzioni di velluto” è avvenuta in Serbia e in Georgia. Ora ecco l’Ucraina.
Lo schema d’azione è identico: di regola, la situazione si aggrava in periodo elettorale. Nella fase precedente si dà vita a movimenti radicali di “azione diretta”. In Serbia esiste “Otpor”, in Georgia “Kmara”, in Ucraina il movimento “Pora!”. Già molto tempo prima dell’ “ora x”, i dirigenti di queste organizzazioni vengono addestrati all’estero. Siete testimoni che tutto ciò è successo in Ucraina. Prima del secondo turno delle elezioni, gli attivisti di “Pora!” hanno cominciato a manifestare nel centro di Kiev, evidentemente esercitandosi in previsione del grande scontro. E che dire del meeting “spontaneo” nella capitale ucraina, il giorno dopo le elezioni? E’ certamente necessaria un’organizzazione impeccabile per effettuare tale genere di azioni. Da dove sono usciti i grandi schermi, le cucine da campo, le tendopoli?
A me sembra che il compito fondamentale che si sono posti gli USA non sia rappresentato tanto dalla vittoria di Juschenko, quanto dalla disgregazione dell’Ucraina. Gli Stati Uniti non hanno bisogno dell’elezione legale di Juschenko. In tal caso, egli dovrebbe agire negli ambiti costituzionali. A loro è indispensabile Juschenko quale bandiera dell’opposizione, il cui scopo è quello di creare un focolaio di instabilità nella seconda delle repubbliche dell’ex URSS e, in seguito, la sua divisione in “ovest” ed “est”.

D. Ma non tutti coloro che oggi manifestano sotto i colori arancioni sono interessati veramente a un tale cambiamento. Per la verità, si sentono anche appelli a non consentire la separazione territoriale. E’ possibile allora uscire politicamente dalla crisi?

R. Si, attraverso un governo di coalizione, con la partecipazione di tutte le forze di opposizione. Non si può non prendere in considerazione la professionalità e la popolarità di Juschenko, l’energia della Timoshenko. Tali qualità potrebbero essere messe al servizio dell’Ucraina e del suo popolo. Il problema è però un altro: su questo concorda l’opposizione? Bisogna essere chiari su un punto: da una parte c’è la stabilità e il benessere dell’Ucraina, dall’altra il caos, il disordine e la divisione del paese, la consegna di uno stato slavo a un regime di marionette filo-americane.

D. In Russia e in Occidente è risuonata una critica all’indirizzo di Vladimir Putin, perché avrebbe appoggiato apertamente Viktor Janukovic. Lei ritiene che il presidente abbia agito correttamente?

R. Forse che la reazione dell’Occidente non rappresenta un esempio di doppio standard? Quando in Ucraina arriva l’inviato speciale del presidente USA per le elezioni ucraine, il segretario di Stato ancora in carica Colin Powell, il quale afferma ufficialmente che gli USA non sono d’accordo con la decisione della commissione elettorale centrale ucraina di legittimare l’elezione a presidente di Viktor Janukovic. In presenza di tali azioni, le congratulazioni a Janukovic per la sua elezione legale, indirizzate da Vladimir Putin, rappresentano un modello di riservatezza politica.
Per quanto riguarda la posizione di Putin in merito alle elezioni ucraine, a mio avviso, il presidente ragiona secondo categorie corrette, globali. Il suo obiettivo fondamentale è il rafforzamento della partnership economico-strategica con l’Europa. Ma che l’Europa oggi non sia politicamente omogenea, lo ha dimostrato l’Iraq. Francia e Germania si sono apertamente opposte all’occupazione americana, mentre contemporaneamente verso le azioni USA è venuto un “caldo sostegno” dalla Gran Bretagna, che ormai da molti anni rappresenta un avamposto della politica USA in Europa.

In tal modo, oggi in Europa è operante un’opposizione all’egemonia degli USA rappresentata da Russia, Francia e Germania. La battaglia per l’Ucraina è importantissima in questo contesto. O noi siamo disposti a tollerare come fatto normale un focolaio di instabilità e, di conseguenza, un regime filo-americano in uno dei paesi europei più importanti, quale è a mio parere l’Ucraina. Oppure conserviamo un sicuro alleato geopolitico, orientato verso la Russia e l’unione degli stati slavi. Non si dimentichi anche che attraverso l’Ucraina transitano petrolio e gas, che oggi garantiscono l’esistenza della maggior parte degli abitanti dell’Europa. La vittoria di un regime filo-americano in Ucraina renderebbe possibile la conquista di una “leva” di influenza economica in Europa.

Nella CSI tutti gli stati si trovano ora di fronte a due scelte: o tornare al progetto eurasiatico o aderire alla NATO. E in ogni stato postsovietico esistono sia tendenze filo-moscovite (eurasiatiche), che anti-moscovite (filo-americane).

Già all’inizio degli anni ’90, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Zbignew Brzezinski ha affermato che la perdita dell’Ucraina per la Russia non rappresenterebbe solo un accadimento di centrale importanza geopolitica, ma il catalizzatore geopolitico dei processi di dissoluzione della Russia.

Nel momento in cui l’Ucraina dovesse uscire dallo spazio eurasiatico, sorgerebbero molti problemi. Il problema della Crimea, il problema della popolazione russofona, il problema dei dazi doganali e dei pagamenti per le forniture energetiche, il problema dell’ “autocefalia” della chiesa ucraina (il riferimento è al conflitto che contrappone, nell’ambito della chiesa ortodossa, il Patriarcato di Mosca a quello di Kiev, nota del traduttore), ecc.

Diventati due stati diversi, Russia e Ucraina si troverebbero su barricate contrapposte. L’Ucraina assumerebbe il ruolo di “cordone sanitario”, diventando un avamposto della NATO.

D. Quali saranno, a suo avviso, gli sviluppi delle relazioni tra Russia e USA nel corso della crisi ucraina?

R. Dirò le cose essenziali: la Russia assumerà un rilievo sempre più significativo nei giochi della politica internazionale. La vittoria nella “guerra fredda” e, in seguito, il tentativo di annientare la Russia negli ultimi 15 anni, tutto ciò oggi deve confrontarsi con la resistenza dell’attuale dirigenza politica del nostro paese. E’ comprensibile che tutto ciò non piaccia agli USA.

D. E che riflessi avranno sulla politica interna della Russia gli avvenimenti in Ucraina?

R. Oggi la situazione ricorda il periodo della guerra civile 1918-1922. L’ intervento internazionale è oggi altrettanto aggressivo. Solo i metodi cambiano: al posto dell’ingerenza militare, si fa affidamento su strumenti politici per la presa del potere. Come allora ci sono nemici interni, rappresentati oggi dai liberali, che hanno in odio la Russia e che agiscono nell’interesse delle potenze occidentali. Putin deve combattere su due fronti: difendere gli interessi geopolitici della Russia in politica estera e battersi contro la reazione interna. Le riforme del sistema politico, che ha cominciato ad introdurre Putin, hanno un unico scopo: rafforzare il ruolo dello stato russo, ripulendolo dai corrotti e dalla criminalità. Con una situazione di instabilità all’interno del paese, non potremo mai influenzare la politica estera. Il segnale della giustezza delle riforme di Putin è rappresentato dalla reazione negativa dell’Occidente. Le attuali elite russe non dovrebbero temere le nuove riforme. Tutti riceveranno in base ai propri meriti. Io non nutro alcun dubbio che i governatori efficienti dal punto di vista dei risultati economici, che godono di autorità tra la popolazione, manterranno il proprio posto. La stessa cosa riguarda i deputati. Le riforme ci permetteranno di sbarazzarci della spazzatura politica. Converrete che un uomo eletto con i soldi di altri, è costretto a maneggiare e a far rendere questi soldi, e questo è il suo compito essenziale nel periodo del suo mandato. E’ un uomo dipendente, a cui manca il senso del patriottismo e della responsabilità nei confronti del popolo.

Oggi i rappresentanti della reazione – Unione delle forze di destra e “Mela” – sono esclusi dal sistema parlamentare del paese. Non è proprio il caso di attribuire la responsabilità del loro insuccesso alle azioni dell’amministrazione del Cremlino. Il loro crollo è molto più semplicemente da attribuire alla reazione dei russi a un decennio di umiliazioni, al collasso di riforme economiche realizzate in modo incompetente, che hanno spinto il paese in una condizione di crisi permanente, alla perdita di orgoglio nazionale e di rispetto verso il nostro grande passato. E’ da attribuire alla resistenza al “zapadnicestvo” (occidentalismo), considerato un fenomeno negativo, estraneo alla Russia. Gli abitanti della Russia dimenticheranno i signori Javlinskij, Nemtzov e gli altri avventurieri della politica, alla stregua di un brutto sogno. Comprendendo ciò, i liberali cercano adesso di esportare le proprie idee tra i nostri vicini. Capiscono ciò anche i tecnici della propaganda politica del Dipartimento di Stato USA, che invitano Nemtzov a partecipare alla “rivoluzione arancione” in Ucraina, dove si esibisce in sortite circa l’esistenza di un’ “unione di cechisti e recidivi”. No, non esiste una simile unione, signor Nemtzov. Ne esiste un’altra. L’unione dei popoli slavi fratelli, Russia e Ucraina, che esiste ormai da secoli e che esisterà in eterno, a dispetto degli sforzi di tutti i nostri nemici.

Traduzione dal russo di Mauro Gemma