La base supplica il Prc: “Usciamo dal Governo”

SONO GIÀ OLTRE. Non più la semplice percezione, ma la rielaborazione della sconfitta. «Ora ingoiamo solo rospi» si dispera il militante tipo — falce e martello sulla maglietta — ritratto dal vignettista Vauro sul Manifesto. Né gli elettori del Prc-Pdci né i direttori dei due quotidiani più rossi, il Manifesto, appunto, e Liberazione, sono disposti a raccontarsela: il protocollo sul welfare è stato una «caporetto» per la sinistra di governo.
E COSI la vive la base. Decine e decine di lettere di protesta sono arrivate al giornale di Rifondazione. Liberazione le pubblica, dedica ampio spazio agli sfoghi dei lettori che, nel titolo, riassume come segue: «Ora ci vuole una riflessione. Se il governo attua le politiche berlusconiane. Abbiamo ceduto ai ricatti della parte moderata». Qualche argomentazione? «In un sol colpo — si arrabbia Mauro Di Gregorio, precario — la guerre son diventate missioni umanitarie, le Finanziarie fatte passare come conquista per le classi disagiate, la base di Vicenza si fa, la Tav pure, la commissione d’inchiesta sul G8 di Genova affossata. E ora ci chiniamo sui precari…». Maurizio Ribechini, capogruppo del Prc nel Pisano, spiega invece che bisogna archiviare il tabù ’98 (quando cioè Bertinotti fece cadere il primo governo Prodi). Perché, scrive, «se non si prendessero provvedimenti si darebbe un ulteriore schiaffo a chi ha creduto nel cambiamento». Francesco Desiderio riassume così: «Restare al governo è un suicidio politico». Il segretario del circolo romano Che Guevara, Luca Fontana, pensa che il sì al ddl sul welfare sia stato una «mediazione inaccettabile» e che «ne va della faccia e della sostanza» del partito. Un partito, Rifondazione — ma il malessere si estende a tutti i militanti a sinistra del Pd — che ha preso «troppi pesci in faccia», per dirla con la vignetta pubblicata ieri su Liberazione. Il tutto mentre il direttore del giornale, Piero Sansonetti, ribattezza il premier «Walter-Montezemolo», sviluppa la «certezza» che «questo governo non assomiglia più per niente al progetto originario» e conclude il suo fondo senza lasciare spazio a dubbi: «Subito dopo aver votato la fiducia non sarebbe un’idea forsennata ritirare la delegazione del Prc dal governo».
Gli fa eco, dalle colonne del Manifesto, il direttore Gabriele Polo: «La sinistra dovrebbe assumersi le responsabilità di una sconfitta, lanciare un segnale forte a chi l’ha votata e considerarsi libera dal vincolo di fedeltà verso un’alleanza che ha ripudiato se stessa».