l’11 ottobre dei comunisti

Circa un mese prima del congresso, Diliberto aveva pubblicamente chiesto a Rifondazione di impegnarsi insieme per una grande manifestazione nazionale da tenersi a Roma. L’opposizione in Parlamento è inesistente, aveva detto, i temi sociali sono scomparsi dall’agenda della politica, i lavoratori e i pensionati sono diventati invisibili, dobbiamo ridare loro voce e visibilità. Inizialmente non c’era stata risposta. Rifondazione era nel pieno della battaglia congressuale, troppo divisa per potersi esprimere.
Diliberto l’aveva poi riproposta a Salsomaggiore, al congresso del partito, mentre contemporaneamente incalzava Rifondazione per un processo di unificazione dei comunisti: una necessità, insisteva, quasi un obbligo morale nei confronti del Paese per non disperdere la forza dei comunisti, per opporsi con efficacia alla macelleria sociale di Berlusconi, all’ineguaglianza fatta sistema, all’illegalità come misura del potere. Una proposta forte e generosa, essendo ormai superate le ragioni che ci avevano portato alla scissione.
Il congresso di Rifondazione si tenne una settimana dopo e la risposta di Ferrero arrivò: anche per Rifondazione, per la parte vincitrice del congresso, era fondamentale tornare a riprendersi la piazza. Neanche dieci giorni dopo Vendola, nel tentativo di allargare nuovamente la frattura tra comunisti, affermò che avrebbe partecipato alla manifestazione del Pd. Ma quell’uscita agitò e scombussolò non poco il corpo di Rifondazione ed ebbe l’effetto di rafforzare ulteriormente la proposta di Diliberto: una manifestazione dei comunisti e della sinistra, quella larga e democratica, quei movimenti e cittadini e comitati che non si rassegnano al berlusconismo e all’inedia del Pd.

La manifestazione si farà l’11 ottobre, segretario. Sei soddisfatto?
Molto. Avverto l’urgenza di riprendere l’iniziativa politica dopo la durezza della sconfitta elettorale, la difficoltà dei congressi, il malessere e il disorientamento di tante compagne e compagni. Il nostro partito ha reagito bene, ma ha avvertito in profondità il significato e il peso della sconfitta. La manifestazione dell’11 sarà l’occasione per uscire dall’invisibilità in cui i media – controllati da Berlusconi e Veltroni – ci hanno cacciato. E per rimettere al centro questioni come il carovita, il razzismo, la scuola e l’università. Su quest’ultime, che considero di importanza strategica per il futuro e per lo sviluppo dell’Italia, il governo ha operato tagli che non hanno riscontro nei 150 anni di storia della scuola italiana. Che quella privata, poi, sia finanziata al pari di quella pubblica, dà il senso della destrutturazione di un settore così fondamentale.

La manifestazione dell’11 sarà preceduta da altre: la Cgil il 27 settembre, i migranti il 4 ottobre, il sindacalismo di base il 17. Noi ci saremo?
Dobbiamo esserci. Approfitto di questa intervista per rivolgere un appello a tutte le strutture del partito e a tutti i compagni. I comunisti devono esserci. Dobbiamo costruire il massimo di unità con tutto ciò che si muove nel Paese contro il governo e contro la melassa d’opposizione condotta dal Pd. E la manifestazione del 17 indetta dal sindacalismo di base rappresenta un’occasione di lotta straordinariamente importante, a cui abbiamo aderito con convinzione.

Che ne pensi della manifestazione che il Pd ha indetto per il 25 ottobre?
E’ una manifestazione tutta identitaria, senza contenuti, senza una piattaforma, che serve a Veltroni per dire che il Pd esiste. Ovviamente non parteciperemo. Si tratta di una manifestazione meramente propagandistica sorretta da una logica autoreferenziale, come è evidente nello slogan “Salva l’Italia”. Veltroni dica da chi e soprattutto come si salva l’Italia. Ma al fondo credo che ne sia incapace. L’ultima trovata è il federalismo “gentile”, figurarsi! Nel discorso tenuto a Sinalunga si è richiamato alla “crisi democratica” – parole forti, allarmanti – ma è stato solo un tentativo di tagliare l’erba sotto i piedi di Di Pietro, a cui proprio lui ha regalato un’enorme visibilità istituzionale e politica. Ha parlato di “autunno della democrazia e della libertà”, altre parole forti e allarmanti. Ma allora sarebbe bene che si decidesse a prendere posizione sulla legge elettorale che il Pdl vuole per le europee e che è un attacco al cuore della democrazia e della libertà. Se invece di fare propaganda parlasse sul serio, dovrebbe contrastare duramente quella legge truffa, perché in presenza di un’emergenza civile non si taglia la rappresentanza democratica e non ci si accoda al responsabile primo di quell’emergenza.

L’11 ottobre Di Pietro sarà a piazza Navona a raccogliere le firme per il referendum contro il lodo Schifani. Qual è la posizione del Pdci?
Firmeremo perché l’iniziativa è giusta, e chiederemo a Di Pietro di gestire unitariamente il referendum. Sulla giustizia sta facendo un buon lavoro, ma non mi sfugge una sua insensibilità verso i problemi sociali e civili. Firmeremo il referendum perché si tratta di un’iniziativa giusta contro l’illegalità berlusconiana e i balbettii del Pd.

Non è stato facile convocare la manifestazione dell’11, lo sai, vero?
Lo so bene e colgo l’occasione per ringraziare il comitato promotore che ha svolto un ruolo decisivo. E per dire a quei compagni che nutrissero qualche dubbio che questa manifestazione non è una riedizione dell’arcobaleno – che non è la nostra opzione strategica e che è stato sconfitto e cancellato dagli elettori. Non lo è anche perché ad oggi Sd e Verdi non hanno aderito, tranne alcuni loro esponenti che lo hanno fatto a titolo personale. Non è stato facile convocare la manifestazione perché si sono presentati due Prc, e uno, quello vendoliano, è stato a lungo contrario. Avremmo voluto un appello più incisivo, ma la cosa importante è che l’11 si torni in piazza e che la manifestazione sia grande e straordinaria. A ciò che sta accadendo in Italia, ad iniziare dalle violente pulsioni razziste, occorre dare una risposta. Dobbiamo lavorare nei territori per aggregare più gente possibile, per convincerla delle nostre ragioni, per svegliarla dalla passivizzazione dilagante.

Violente pulsioni razziste, dici, ed io sono assolutamente d’accordo. Penso ad Abdul Guibre, il ragazzo di 19 anni ammazzato a sprangate a Milano al grido “negro di merda” per aver rubato un pacchetto di biscotti. E vergognosamente il governo Berlusconi riduce questi episodi, sempre più frequenti, a vicende di cronaca nera.
S’è innescato un processo pericolosissimo che tende, anche con l’aiuto notevole di molti media, alla costruzione di una società resa sorda e cieca dalla paura. Si può dire che questo processo sia partito con la morte della signora Reggiani. Con l’editto di Veltroni in televisione contro i rumeni, con il consiglio dei ministri dell’allora governo Prodi convocato in piena notte per prendere misure di urgenza e poi con il vergognoso pacchetto sicurezza presentato alle Camere. Da lì è partita una campagna che ha visto in prima fila anche sindaci del Pd. La caccia ai rom ha dei precedenti: i lavavetri, i mendicanti… fino a Maroni e alle impronte ai bimbi rom. E’ stato seminato un odio verso tutte le differenze che sta devastando l’immagine di un Paese civile come l’Italia. E che ha dietro di sé una macchina potente, sia politica che editoriale. Questo clima non si sconfigge con le logiche emendative, ma con un’opposizione dura, con un progetto di società alternativo, in cui riprendano senso parole come eguaglianza, giustizia, inclusione.

Segretario, in questi giorni la notizia che più riempie le pagine dei giornali è la vicenda Alitalia. Vuoi dirmi la tua opinione?
Dobbiamo ringraziare la Cgil ed essere con essa estremamente solidali perché l’attacco dei media è micidiale. La Cgil ha fatto due operazioni notevoli: la prima, quella di riconoscere la rappresentanza dei sindacati autonomi, che tra i lavoratori dell’Alitalia è consistente, e questo è un fatto elementare di democrazia; la seconda, quella di aver svelato con coraggio la miseria e l’inconsistenza del piano industriale del governo. Non si può chiamare piano industriale quello che riduce la compagnia di bandiera ad una sorta di piccola Air One. Noi comunisti abbiamo chiesto a lungo che intervenisse lo Stato. E continuiamo a farlo perché è l’unica operazione percorribile. Naturalmente ci dicono che siamo statalisti e assistenziali, che non comprendiamo la logica e la giustezza dei meccanismi del mercato. Ma la Cai era esattamente l’opposto del mercato. Scaricava sulla collettività i debiti e le perdite e consegnava nelle mani di un gruppo di industriali la parte ancora sana. Bel mercato, non c’è che dire. Socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, è questa la linea tenuta da Berlusconi sull’Alitalia. E inoltre l’instaurarsi di relazioni col sindacato e coi lavoratori che ricordano quelle del padrone delle ferriere. O accettate o vi licenziamo tutti. Nella vicenda Alitalia è emerso un elemento che va valutato con attenzione: la costruzione di un nuovo blocco politico-sociale, composto da affaristi e speculatori, appoggiato da Confindustria, che nega il valore sociale che la Costituzione affida all’iniziativa privata. E questo i lavoratori l’hanno capito benissimo.

Un’ultima domanda. Che ne pensi delle affermazioni di La Russa e Alemanno sul fascismo e della replica di Fini?
E’ da Fiuggi che Fini tenta di costruire una destra presentabile. L’ha sempre fatto con prudenza – due passi avanti e uno indietro, come nel gioco dell’oca – perché gran parte della sua base militante e dei suoi dirigenti è fatta di fascisti. Ma non ne può più di essere uno sdoganato di Berlusconi. Pensa ad una destra ripulita, alla Aznar. Questo progetto gli è stato messo in discussione dalle uscite di La Russa e Alemanno, due colonnelli autorevoli, ministro della Difesa uno e sindaco di Roma l’altro, che hanno tirato fuori le leggi razziali, il fascismo e altre simili porcherie. Ma le loro posizioni sono condivise da una parte vasta di An, che ricorre alla difesa del passato perché dentro il Pdl rischia di scomparire, perché deve bersi il federalismo della Lega, perché non può neanche balbettare contro Brunetta pur avendo tra i dipendenti pubblici una base di riferimento. Credo che si sia trattato di una sorta di resa dei conti interna per la conquista del potere.
Ti ringrazio, segretario, per il tempo che hai messo a disposizione, e auguri.
Auguri al partito, ai compagni e alle compagne. E una volta ancora: lavorate perché la manifestazione dell’11 sia un successo. Non può sfuggirvi che molti vorrebbero che fallisse e che remeranno contro.