Dopo la Bulgaria anche la Serbia ha dato il suo benestare alla costruzione di un gasdotto che dalla Russia arriverà direttamente in Europa.
MOSCA — Da ieri la Serbia è ancora di più sotto l’ala protettiva della Russia che ne vuole fare il centro strategico per i rifornimenti di energia all’Europa meridionale. Mosca costruirà un gasdotto per portare il metano in Serbia, realizzerà depositi sotterranei di stoccaggio e acquisirà il controllo della compagnia petrolifera statale. Le relative intese sono state firmate ieri a Mosca nel corso di una cerimonia che è servita anche a rafforzare l’immagine del presidente uscente Boris Tadic che alle prossime elezioni è sfidato da un contendente filorusso, Tomislav Nikolic.
Il Cremlino sembra quindi entrare anche nelle vicende politiche di Belgrado. Ma visti i precedenti insuccessi in altri ex Paesi amici, questa
volta è attento a non schierarsi con il cavallo sbagliato. Così dopo gli accordi e le cerimonie per Tadic, dopodomani arriverà a Mosca anche lo sfidante Nikolic, che pure sarà ricevuto da Putin.
Il presidente russo ha approfittato della cerimonia di ieri per ribadire la netta opposizione della Russia alla dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo. «Siamo contrari a una iniziativa che danneggerebbe l’intero sistema giuridico internazionale». E il primo ministro serbo Vojislav Kostunica che accompagnava Tadic ha rincarato la dose, affermando che la Uè rischia «di rendersi complice nella creazione di uno Stato illegale».
Gli accordi economici raggiunti con Belgrado, che seguono la recente intesa sottoscritta con la Bulgaria, sono un pesante colpo della Russia alla strategia Usa ed europea di creare nuove vie di approvvigionamento energetico non controllate dal Cremlino. Washington puntava molto sul progetto Nabucco, che avrebbe dovuto portare il gas dell’Asia Centrale direttamente in Europa attraverso la Turchia e aggirando la Russia.
Ma negli ultimi mesi Mosca si è mossa fulmineamente per annullare questa operazione. Prima ha raggiunto accordi con Turkmenistan e Kazakistan per acquistare gran parte del gas prodotto da questi Paesi (a 150 dollari per mille metri cubi contro un prezzo di vendita in Europa di trecento). Poi ha varato il progetto di un nuovo gasdotto, Southstream, da realizzare assieme all’Eni. Questa nuova linea partirà dal territorio russo e, correndo sul fondo del Mar Nero, arriverà direttamente in Bulgaria. Il primo ministro bulgaro Stanishev ha riconosciuto che il suo paese (che fa parte dell’Ue) è stato accusato «di aver accoltellato l’Europa alle spalle», ma ha sostenuto che ci sarà abbastanza gas per entrambi i progetti. Ora l’accordo con la Serbia fa fare a Mosca e a Gaz-prom un altro passo avanti. Il gasdotto proseguirà dalla Bulgaria verso il cuore dei Balcani dove saranno realizzati anche importanti depositi. Il braccio petrolifero di Gaz-prom, la Gazpromneft, acquisirà intanto il controllo della società petrolifera serba Nis. A rendere ancora più pressanti le preoccupazioni occidentali, si è tenuta nei giorni scorsi in Egitto una nuova riunione dei Paesi esportatori di gas. Si riparla di formare un vero e proprio cartello, sul modello dell’Opec, l’organizzazione che riunisce la maggior parte dei Paesi produttori di petrolio. Una bozza di statuto della nuova organizzazione preparata dagli iraniani sarebbe la fotocopia di quello dell’Opec.