Kosovo: crimini orribili nascosti dall’Occidente

Traduzione di l’Ernesto online

il senatore svizzero Dick Marty denuncia il silenzio complice di USA e UE

L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa si confronterà, il prossimo 25 gennaio, su una relazione che coinvolge direttamente il primo ministro del Kosovo, Hashim Thaci, nell’estrazione e nel traffico di organi umani.

Il documento di 28 pagine, già approvato in Commissione a metà di dicembre, conferma che i principali responsabili del cosiddetto Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) si sono dedicati al traffico di organi estratti a prigionieri serbi tra il 1998 e il 2000.

“Questa attività criminale che si è svolta beneficiando del caos regnante nella regione e per iniziativa di alcuni capi delle milizie dell’UCK, legati al crimine organizzato, è proseguita, sebbene sotto altre forme, fino ai giorni nostri”.

Tra le figure di spicco del mafioso “Gruppo di Drenica”, diretto dall’attuale primo ministro del Kosovo, Hashim Thaci, la relazione include anche il chirurgo Shaip Muja, oggi consigliere nel governo di Thaci, e in passato membro dell’elite dei “coordinatori” dell’UCK.

Come sottolinea l’autore del documento, il senatore svizzero Dick Marty, l’inchiesta è stata motivata dalle rivelazioni “pubblicate in un libro dall’ex procuratore del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia” (TPJ) Carla Del Ponte.

Nell’opera, pubblicata nel 2008, già si denunciava l’esistenza del traffico di organi e si identificava persino una “casa gialla” che serviva da clinica clandestina. Tuttavia, quelle dichiarazioni sono state minimizzate e, dopo otto anni di attività, Del Ponte è stata allontanata dal TPJ, per essere inviata come ambasciatrice della Svizzera in Argentina nel 2008. Chiaramente, la sua voce era diventata scomoda.

“Le nostre indagini”, afferma la relazione del Consiglio d’Europa, “hanno permesso non solo di confermare queste rivelazioni [di Carla Del Ponte] ma anche di precisarle e di tracciare un quadro oscuro e inquietante di ciò che è accaduto e in parte continua ad accadere nel Kosovo”.

Atrocità impunite

Il relatore Dick Marty ha identificato alcune persone e una serie di locali nel nord dell’Albania da mettere in relazione con l’attività della rete, in particolare “un centro di ricezione moderno per il crimine organizzato di traffico di organi”.

“Questa struttura è stata concepita come una clinica chirurgica improvvisata (…) dove i detenuti (…) erano sottoposti alle estrazioni di reni contro la loro volontà. In seguito gli organizzatori trasportavano gli organi umani dall’Albania all’estero vendendoli a cliniche private straniere”.

La relazione ci presenta la seguente descrizione: “Le modalità concrete di questo traffico erano relativamente semplici. I prigionieri venivano condotti fino a Fushe-Kruje (…) dove venivano chiusi nel “rifugio” (…). Dopo la conferma che i chirurghi incaricati dell’espianto si trovavano nei locali ed erano pronti ad operare, i prigionieri erano condotti fuori dal “rifugio” e costretti a subire l’esecuzione con una pallottola da un agente dell’UCK. I loro corpi erano poi trasportati rapidamente nella clinica dove aveva luogo l’operazione”.

L’ipocrisia occidentale

Il contenuto dell’inchiesta realizzata, come anche il suo autore ci tiene a sottolineare, non è una novità: “Ciò che abbiamo scoperto non è certo totalmente inedito: rapporti di importanti servizi di informazione e di polizia avevano già denunciato e illustrato in dettaglio questi stessi fatti da molto tempo. Ma non hanno avuto continuità, dal momento che le istanze dirigenti hanno privilegiato sempre la discrezione, il silenzio per presunte considerazioni di “opportunità politica”. Ma quali interessi potrebbero giustificare un tale comportamento che disdegna tutti i valori che sono costantemente invocati in pubblico?”.

L’indignazione di Dick Marty, presidente della Commissione delle Questioni Giuridiche e dei Diritti dell’Uomo dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, emerge soprattutto dal fatto, ugualmente rilevato nella sua relazione, che “l’insieme della comunità internazionale nel Kosovo – dai governi degli Stati Uniti e di altre potenze occidentali alleate fino alle autorità giudiziarie che esercitano la loro attività sotto la tutela dell’Unione Europea – senza ombra di dubbio sono in possesso delle stesse informazioni tenebrose sull’estensione dei crimini commessi dal “Gruppo di Drenica”, ma nessuno pare disposto a reagire di fronte a una tale situazione e a perseguire i responsabili”.

D’altro canto, dopo due anni di indagine, il relatore svizzero sembra avere oggi una visione della guerra che ha smembrato la Jugoslavia ben diversa da quella che abitualmente viene veicolata dagli organi di comunicazione dominante:

“L’emozione suscitata dai crimini orribili commessi dalle forze serbe aveva provocato, tra le altre conseguenze, un clima che possiamo constatare anche nell’atteggiamento di certe istanze internazionali, secondo il quale gli uni erano necessariamente considerati come carnefici e gli altri come vittime, e pertanto innocenti. La realtà è più sfumata e complessa”.