Kandahar, 11mila soldati all’attacco

Si chiama «assalto alla montagna» (Operation Mountain Thrust) e sarà la maggiore offensiva militare lanciata dalle truppe Usa in Afghanistan dal 2001. In questi termini il generale Benjamin Freakley, comandante dele forze Usa in Afghanistan, ha annunciato l’offensiva che avrà inizio ufficiale oggi. Coinvolgerà oltre 11mila soldati della coalizione guidata dagli Usa, di cui 2.300 americani, 3.300 britannici, 2.200 canadesi e 3.500 afghani; mobiliterà artiglieria pesante, mezzi corrazzati e supporto aereo e si concentrerà nei distretti montagnosi delle province meridionali e orientali di Kandahar, Helmand, Uruzgan e Zabul. Sono le roccaforti dei combattenti taleban, e sono le zone che il prossimo luglio passeranno dal controllo delle truppe Usa alla Nato-Isaf (la Forza multinazionale di «stabilizzazione dell’Afghanistan»).
Nel corso dell’estate circa 6.000 soldati della Nato dunque giungeranno in Afghanistan, e il ridispiegamento nella parte meridionale del paese permetterà alle truppe Usa di ridimensionarsi da 23mila a 20mila uomini. L’obiettivo strategico dell’operazione lanciata oggi è appunto «bonificare» la zona prima del passaggio. I comandi Usa dicono che l’offensiva permetterà di «estendere l’autorità del governo centrale di Kabul», che almeno è ammettere che il presidente Hamid Karzai non controlla il paese.
I combattimenti più pesanti sono previsti nelle montagne tra l’Uruzgan occidentale e il Helmand nord-orientale, dove lo scorso finesettimana le truppe britanniche hanno avuto i loro primi caduti in combattimento da quando si sono dispiegate nella zona. Una prima operazione militare era cominciata il 15 maggio con alcuni attacchi mirati: da allora sono stati uccisi 550 combattenti, ha detto il generale Freakly, tutti Taleban salvo 11 soldati della coalizione. Sono morti anche decine di civili, e migliaia sono fuggiti dai propri villaggi, ma questo di solito non viene ricordato. In tutto 900 persone sono morte in combattimento dall’inizio dell’anno.
Il fatto è che in maggio anche i Taleban hanno lanciato la propria offensiva, «preventiva» al dispiegamento della Nato. Ma se le offensive di primavera-estate sono ricorrenti in Afghanistan, sembra che ogni anno le forze dei Taleban si presentino più forti. Il comandante Taleban Mullah Dadullah afferma di avere una forza di 12mila uomini armati (erano poche migliaia dell’anno scorso), e di controllare una ventina di distretti delle province di Kandahar, Helmand, Zabul e Uruzgan. E’ appunto là che le truppe Usa e alleate concentreranno la loro offensiva.
Resta da chiedersi perché, cinque anni dopo la guerra che ha scalzato il governo Taleban e doveva sbaragliare al Qaeda, l’Afghanistan sia ancora in guerra, con una forza Taleban riorganizzata e in crescita. Il fatto che dopo il 2001 questi hanno trovato rifugio e retroterra nelle regioni confinanti del Pakistan (Baluchistan e Provincia della Frontiera di Nord-ovest), con il tacito aiuto delle amministrazioni (islamiste) locali e pescando nella rete di estremismo islamico che aveva alimentato i Taleban già negli anni ’90. Mentre in Afghanistan, nonostante l’elezione di un parlamento e di un presidente, la costruzione di uno stato democratico è del tutto teorica. Karzai ha tollerato che i «signori della guerra» responsabili della guerra civile dei primi anni ’90 mantenessero le proprie ariee di influenza (e milizie) in veste di governatori. Nel frattempo la ricostruzione non è decollata, l’occidente ha promesso molto ma dato poco, non una sola centrale elettrica è stata costruita, non c’è stato investimento nell’infrastruttura rurale. La principale attività economica del paese è tornata a essere la produzione di oppio e derivati (eroina), i narcotrafficanti offrono agli agricoltori redditi ben più alti delle agenzie internazionali che si affannano a «eradicare» le coltivazioni di papavero. E l’oppio arricchisce i signori della guerra, alimenta corruzione nel governo e finanzia i Taleban.